27 GENNAIO: HA SENSO LA CELEBRAZIONE DI FATTI NON VISSUTI DIRETTAMENTE?

da Leggende Metropolitane: la Parola come Lógos, Épos e Prâgma.



«I rapporti esistenti tra memoria e narrazione sono stati considerati da diversi punti di vista, in ambito psicologico, poiché il racconto è risultato essere chiave di lettura più efficace del funzionamento della Memoria a Lungo Termine, quantomeno nella sua componente esplicita [si veda ad esempio Stern, 1985]. Per comprendere al meglio la natura psicosociale della memoria, Allport e Postman [1947] riproducono un classico esperimento di Bartlett [1932] sulla testimonianza, in cui diversi soggetti hanno il compito di descrivere l’uno all’altro uno stimolo iniziale seguendo la modalità del telefono senza fili.
L’esperimento consiste nell’allontanare temporaneamente alcuni membri di un uditorio – di solito sei o sette – dall’aula, e di sottoporre i restanti alla visione di uno stimolo scelto dagli sperimentatori tra vari possibili, accomunati dal fatto di essere vignette o fotografie ricche di dettagli, contenenti almeno un elemento sensibile e suggestivo; viene poi scelto senza criteri precisi un soggetto cui si affida il compito di descrivere ad alta voce lo stimolo, includendo almeno venti dettagli. A questo punto uno dei membri esclusi viene fatto rientrare nell’aula e posizionato in un punto da cui non possa vedere lo stimolo, mentre al soggetto iniziale viene chiesto di ripetere la descrizione effettuata in precedenza. Di qui in poi, a catena, il pattern si ripete, ovvero ogni individuo reintrodotto nell’aula ascolta il racconto dell’ultimo uditore, fino all’esaurimento dei soggetti cui coincide la stesura di un rapporto finale. In base al confronto tra le descrizioni fornite in corrispondenza dei diversi nodi, gli autori indicano i processi di trasformazione delle informazioni che viaggiano sottoforma di voce:

  • Leveling: la quantità di dettagli trasmessi tende a diminuire;
  • Sharpening: alcuni dettagli sono selettivamente accentuati;
  • Assimilation: i dettagli tendono ad essere resi più familiari e consonanti al contesto cognitivo ed emotivo dell’ascoltatore.

Un’altra importante conclusione di Allport e Postman riguarda il fatto che simili processi, che descrivono il funzionamento della memoria individuale, sfumano nella dimensione sociale, poiché a partire dalla seconda stazione della catena del telefono senza fili il messaggio trasmesso non è più una testimonianza oculare, bensì un racconto convenzionalizzato. È quindi possibile dedurre che parallelamente alla memoria individuale ve ne sia un’altra, che gli autori definiscono social memory e che condivide i meccanismi di funzionamento della prima.

Precedentemente si è affermato come una semplice funzione additiva che descriva il modo in cui un soggetto si colloca rispetto alla comunicazione di una leggenda metropolitana (ma il discorso può essere esteso in generale alle voci) giustifichi la propagazione a rete delle informazioni; si viene dunque a configurare un quadro in cui singoli racconti appartengono agli individui che li narrano e contemporaneamente alla collettività che li usa e li fa propri. Da un punto di vista mnestico Neisser [1982] chiama questo tipo di informazioni ricordi flashbulb, caratterizzati dal fatto di apparire al singolo chiari e vividi, individuali, ma solo in seguito all’assegnazione di un significato socialmente condiviso; è il caso di ricordi legati ad eventi storicamente rilevanti, come l’assassinio di Kennedy, cui il singolo ha partecipato in quanto tale, ma la cui memoria trascende le barriere individuali per assumere una forma omogenea su larga scala.

Riproponendo la tesi neisseriana Smorti [2007] chiama in causa un costrutto virtuale, che non ha una realtà cerebrale ma che costituisce una summa delle memorie personali, ovvero la memoria collettiva [si veda anche Halbwachs, 1968]. In virtù di questa diviene dunque possibile interpretare una delle caratteristiche fondamentali delle leggende metropolitane, ovvero il fatto che ne esistano poche - o addirittura una sola - versioni circolanti nonostante attraversino le bocche di numerosissime persone, in alcuni casi anche a livello intercontinentale o rimanendo quasi del tutto intatte attraverso la storia.»


Bartlett F. C., Remembering, Cambridge, Cambridge University Press, 1932; tr. it. La memoria: studio di psicologia sperimentale e sociale, Angeli, MI, 1974.

Halbwachs M., La memoire collective, Paris, 1968; trad. it La memoria collettiva, Edizioni Unicopli, MI, 1987.

Neisser, U., Snapshots or benchmarks? in Neisser U. e Hyman I.E., Memory observed: remembering in natural contexts,. Worth Publishers, San Francisco, 1982

Smorti A., Narrazioni: cultura,memorie, formazione del sé, Giunti Editore, FI, 2007.

Stern D. N., The interpersonal world of the infant, Basic Books, NY, 1985; trad. it. Il mondo interpersonale del bambino, Bollati Boringhieri, TO, 1987.

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