RECUPERARE L'IDENTITÀ PERDUTA DELLE SCIENZE SOCIALI PER AUMENTARE IL PUBLIC ENGAGEMENT
Non ci si può occupare di Psicologia Sociale, sia in senso puro che nelle sue declinazioni più applicate, come per esempio la Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni, senza prendere in considerazione un autore che, negli anni in cui la Psicologia Sociale stessa nasceva nella sua forma originaria, ossia la Psicologia delle Masse, segnava con essa un confine che divenne poi nei decenni a seguire un fronte di conflitto: stiamo parlando di Max Weber e della sua Sociologia, disciplina che l'autore definisce nel 1922 come quella «[…] scienza il cui oggetto è l'interpretazione del significato dell'azione sociale, e da lì deve muoversi per fornire una spiegazione causale del modo in cui l'azione sociale procede e degli effetti che produce».
Una simile commistione è data dal fatto che in primo luogo gli argomenti costituiscono un catalogo di confine, basti pensare agli sforzi di Weber per comprendere l'organizzazione dello Stato, la democrazia e lo sviluppo delle comunità umane. Tuttavia è forse il versante metodologico quello maggiormente esposto a possibilità di contatti che vadano oltre la mera affinità storica, fino a dare evidenza a quel legame che Romano [2001] sancisce nella comune afferenza di Psicologia Sociale e Sociologia alla contributi socio-psicologici.
La sintesi massima della metodologia espressa da Weber e disseminata in pressoché tutti i suoi scritti è costituita dal concetto di idealtipo, la cui definizione già in sé rappresenta una summa del lavoro di Weber e del suo approccio all'azione sociale. l'idealtipo può essere considerato come un modello, un'artificio del pensiero che nasce da (e non coincide con) la descrizione di una serie di casi empirici, descrizione che non ne restituisce l'interezza caotica, ma che, in un dialogo critico tra le categorie del ricercatore e la salienza di alcuni fatti, giunge ad amplificare alcune caratteristiche rispetto ad altre. Questo processo, di fatto, definisce l'assetto del problema e ne classifica gli elementi costitutivi, anche se è sulle relazioni funzionali che tra essi si rendono evidenti che l'autore pone maggiore attenzione: perché infatti un modello possa essere utile alla comprensione, è necessario svolgere in modo non ambiguo e sistematico le interazioni tra le cause e i loro effetti.
In ottica quasi sperimentale, l'idealtipo viene sottoposto a una sorta di stress-test al fine di apprezzarne i limiti e le potenzialità applicative, cercando di adattarlo a una moltitudine di casi concreti; è questa l'essenza di quel metodo comparativo di cui tanto si parla nelle Scienze Sociali, e che spesso viene confuso con la misurazione; sulla questione Weber è chiaro: il confronto tra idealtipo e realtà empirica serve a misurare quest'ultima, mentre solo il confronto tra varie realtà empiriche è definita come comparazione. Ed è proprio quest'ultima che dà luogo a quel percorso di razionalizzazione che consente di cogliere gli elementi essenziali, costitutivi di ogni singola realtà esaminata, assumendo che le variazioni originino dallo stesso tema e che il tema ne sia la struttura portante, non solo la media. Non possiamo non cogliere in questo strumento metodologico tracce evidenti di ciò che Lewin definirà tipo genetico-condizionale.
Sociologia e Psicologia Sociale sono state colonizzate negli ultimi quarant'anni dalla grande illusione metodologica dell'Analisi Multivariata, che nasce dall'esigenza di trattare velocemente grandi quantità di dati e di combinare tra loro più indicatori economici al fine di prevedere le crisi economiche escludendo il più possibile la componente valutativa dello studioso; la velocità della procedura e la relativa semplicità - soprattutto da quando la tecnica è diventata computer-assisted - hanno accelerato il suo successo e la sua diffusione, portando in numerosi casi a una sopravvalutazione della sua valenza in quanto strumento teorico. Se infatti osserviamo i modelli prodotti nell'ambito della Microsociologia e della Social Cognition vediamo che questi risultano particolarmente influenzati dai vizi e dalle virtù dell'Analisi Multivariata, ossia la scelta delle variabili è contingente a un certo programma di ricerca, la loro definizione è condizionata dagli strumenti di misurazione (a volte coincidono con essi) e le relazioni sono forzate ad assumere una certa direzione che non sempre corrisponde a una logica causale.
Rimane dunque essenziale adottare una lettura dell'attuale spaesamento epistemologico delle Scienze Sociali, dato dalla quasi perfetta corrispondenza tra forze centrifughe e centripete nei vari settori discplinari, in quanto grande opportunità per la riaffermazione del ruolo attivo e critico dello scienziato sociale, costruttore di teorie di cui possa assumersi la responsabilità e non solo spettatore invisibile dell'elaborazione di un software. Il public engagement cui sono chiamate le Università (ma in generale il discorso vale per tutti i luoghi della Ricerca) può ritrovare nella riscoperta della riflessione metodologica precedente allo scisma tra metodi qualitativi e quantitativi una grande accelerata.
Una simile commistione è data dal fatto che in primo luogo gli argomenti costituiscono un catalogo di confine, basti pensare agli sforzi di Weber per comprendere l'organizzazione dello Stato, la democrazia e lo sviluppo delle comunità umane. Tuttavia è forse il versante metodologico quello maggiormente esposto a possibilità di contatti che vadano oltre la mera affinità storica, fino a dare evidenza a quel legame che Romano [2001] sancisce nella comune afferenza di Psicologia Sociale e Sociologia alla contributi socio-psicologici.
La sintesi massima della metodologia espressa da Weber e disseminata in pressoché tutti i suoi scritti è costituita dal concetto di idealtipo, la cui definizione già in sé rappresenta una summa del lavoro di Weber e del suo approccio all'azione sociale. l'idealtipo può essere considerato come un modello, un'artificio del pensiero che nasce da (e non coincide con) la descrizione di una serie di casi empirici, descrizione che non ne restituisce l'interezza caotica, ma che, in un dialogo critico tra le categorie del ricercatore e la salienza di alcuni fatti, giunge ad amplificare alcune caratteristiche rispetto ad altre. Questo processo, di fatto, definisce l'assetto del problema e ne classifica gli elementi costitutivi, anche se è sulle relazioni funzionali che tra essi si rendono evidenti che l'autore pone maggiore attenzione: perché infatti un modello possa essere utile alla comprensione, è necessario svolgere in modo non ambiguo e sistematico le interazioni tra le cause e i loro effetti.
In ottica quasi sperimentale, l'idealtipo viene sottoposto a una sorta di stress-test al fine di apprezzarne i limiti e le potenzialità applicative, cercando di adattarlo a una moltitudine di casi concreti; è questa l'essenza di quel metodo comparativo di cui tanto si parla nelle Scienze Sociali, e che spesso viene confuso con la misurazione; sulla questione Weber è chiaro: il confronto tra idealtipo e realtà empirica serve a misurare quest'ultima, mentre solo il confronto tra varie realtà empiriche è definita come comparazione. Ed è proprio quest'ultima che dà luogo a quel percorso di razionalizzazione che consente di cogliere gli elementi essenziali, costitutivi di ogni singola realtà esaminata, assumendo che le variazioni originino dallo stesso tema e che il tema ne sia la struttura portante, non solo la media. Non possiamo non cogliere in questo strumento metodologico tracce evidenti di ciò che Lewin definirà tipo genetico-condizionale.
Sociologia e Psicologia Sociale sono state colonizzate negli ultimi quarant'anni dalla grande illusione metodologica dell'Analisi Multivariata, che nasce dall'esigenza di trattare velocemente grandi quantità di dati e di combinare tra loro più indicatori economici al fine di prevedere le crisi economiche escludendo il più possibile la componente valutativa dello studioso; la velocità della procedura e la relativa semplicità - soprattutto da quando la tecnica è diventata computer-assisted - hanno accelerato il suo successo e la sua diffusione, portando in numerosi casi a una sopravvalutazione della sua valenza in quanto strumento teorico. Se infatti osserviamo i modelli prodotti nell'ambito della Microsociologia e della Social Cognition vediamo che questi risultano particolarmente influenzati dai vizi e dalle virtù dell'Analisi Multivariata, ossia la scelta delle variabili è contingente a un certo programma di ricerca, la loro definizione è condizionata dagli strumenti di misurazione (a volte coincidono con essi) e le relazioni sono forzate ad assumere una certa direzione che non sempre corrisponde a una logica causale.
Rimane dunque essenziale adottare una lettura dell'attuale spaesamento epistemologico delle Scienze Sociali, dato dalla quasi perfetta corrispondenza tra forze centrifughe e centripete nei vari settori discplinari, in quanto grande opportunità per la riaffermazione del ruolo attivo e critico dello scienziato sociale, costruttore di teorie di cui possa assumersi la responsabilità e non solo spettatore invisibile dell'elaborazione di un software. Il public engagement cui sono chiamate le Università (ma in generale il discorso vale per tutti i luoghi della Ricerca) può ritrovare nella riscoperta della riflessione metodologica precedente allo scisma tra metodi qualitativi e quantitativi una grande accelerata.