L'INNOVAZIONE DELL'ORIENTAMENTO, L'ORIENTAMENTO DELL'INNOVAZIONE

Hacking Health è un progetto di ricerca-azione internazionale, "Un percorso di analisi" come si dice sul sito che ne presenta l'edizione italiana "co-design e sviluppo che parte dall'ascolto delle esigenze", quelle delle persone che vivono e abitano il mondo della Cura e della Salute. Quest'anno si è lavorato molto nella fase di preparazione, utilizzando l'etnografia come metodo per indagare in profondità la User Experience. Ho avuto l'onore di presentare il progetto con le mie colleghe e i miei colleghi (ma preferisco chiamarli compagne e compagni d'avventura) al Convegno della Società Italiana dell'Orientamento. Vorrei condividere il testo del mio intervento.

«Mi chiamo Armando Toscano, sono un ricercatore sociale indipendente e I miei 2 cents sull'esperienza da senior in Hacking Health consistono in una piccola riflessione sulla metodologia di ricerca, e in particolare su come una metodologia di ricerca come quella che abbiamo utilizzato nella nostra squadra di lavoro (sia nella sua versione ridotta ai soli ricercatori e ricercatrici, sia nella sua versione estesa agli studenti e alle studentesse) possa essere iscritta nelle dimensioni di senso date dall'innovazione e dall'orientamento (ricordiamo che HH è promosso dal Servizio Orientamento dell'Ateneo Bicocca). Per questa mia personale restituzione intreccerò dunque la ricerca che abbiamo svolto nei luoghi dell'healthcare ma anche un sondaggio e una conversazione: parlo del sondaggio Generation What?, che si sta occupando in tutta Europa di raccogliere le opinioni dei 19-34enni lungo item che riguardano l'uguaglianza di genere, l'inclusione nel mondo del lavoro, le aspettative sul futuro ecc., parlo della conversazione avuta con un mio brillante e più giovane compagno di lavoro conosciuto proprio in Hacking Health (perché un primo grande valore dell'esperienza è stato proprio questo: l'incontro) in cui mi ha dato uno spunto formidabile per ridefinire in generale le fasi di un processo di ricerca.

Non partiremo dunque dall'osservazione e dalla formulazione di ipotesi come nel metodo classicamente galileiano, ma dal "Trovare una vocazione, quello che ti scalda". A questo però si contrappone il dato italiano di Generation What?, cioè che il 21% di più di 68 mila intervistati ritiene di non aver impiegato le proprie competenze nell'attuale occupazione e il 40% dice che la scuola non è minimamente in grado di preparare al lavoro: è il ritratto di una generazione spaccata tra presente e futuro dove il presente è l'Università e il futuro il lavoro, tra l'Università che è astratta e il lavoro che dovrebbe essere concreto e invece rimane anch'esso astratto, portando quindi gli studenti all'errore concettuale di richiedere all'Università di essere concreta, e di perdere il suo valore di "Luogo in cui discutono gli universali" (come l'ha definita magistralmente la nostra Project Manager Elisabetta Camussi). Una spaccatura che ritroviamo anche nella ricerca, nella tradizionale divisione tra scholar e practitioner, e qui la domanda è: io e i miei compagni di lavoro cosa siamo stati? Scholar o practitioner? Siamo stati entrambe le cose, e quindi possiamo dire che un secondo grande valore di Hacking Health è stato importare nella pratica della ricerca tutta la filiera della conoscenza, senza rinunciare alla riflessione epistemologica, necessaria ad affrontare la sfida dell'interdisciplinarietà, al discorso sul metodo, necessario a disegnare il percorso etnografico, alla discussione teorica, indispensabile per interpretare e rappresentare i dati, alla riflessione tecnica utile ad animare e sostenere il processo.

La seconda fase del metodo di ricerca così come lo stiamo riconfigurando alla luce dell'orientamento e dell'innovazione è "Capire come questa vocazione possa essere messa in pratica". In questo senso l'orientamento ha un ruolo dirimente, sia in quanto funzione organizzativa nei luoghi della Formazione, sia nelle nostre vite. Se le vite sono incerte perché spaccate, orientarsi diviene una pratica di ricerca, di ricerca di senso, fondamentale a rinsaldare le fratture e a rinforzare la struttura che rende possibile il processo, in quanto critica del reale ma anche critica della rappresentazione del reale.

Rispetto a quest'ultimo punto vorrei citare il caso di una leggenda metropolitana che è diventata realtà: negli anni '90 girava la voce che raccogliendo un buon numero di tappi di plastica si potesse regalare una sedia rotelle a una persona disabile; in molti compirono la raccolta, fatto salvo che al momento dell'invio del sacco ci si rendeva conto che non esisteva alcun indirizzo effettivo a cui inviarlo. La cosa straordinaria è che un decennio più tardi quella leggenda si è trasformata in realtà concreta: qualche imprenditore, che ha preso per buono il dato in verità immaginario, ha aperto un'attività di riconversione dei tappi in denaro da destinarsi a opere di bene.

Questa storiella ci insegna che non è sempre la realtà a precedere la rappresentazione, ma spesso accade proprio l'opposto ossia che è la rappresentazione a precedere la realtà, dandole forma: e questo è tanto vero nella vita, dove tante volte vediamo avverarsi le nostre profezie, ed è tanto vero nella nostra ricerca etnografica dove abbiamo svelato i modelli impliciti che danno forma alle azioni che accadono nei luoghi dell'healthcare. Allora è importante che l'etnografia sia non solo un metodo di ricerca, ma anche un modo di muoverci tra le incertezze del mondo del lavoro; e questo è il terzo valore importante di HH.

Infine la terza fase del metodo di ricerca che questo punto possiamo chiamare il metodo HH, intrinsecamente orientativo e innovativo, è "Quello che fai ti porta a rivedere le tue passioni", che è il tema importantissimo del rinegoziare il proprio desiderio all'interno dei nuovi confini dati dal ruolo di lavoratori e lavoratrici, rinegoziare senza tradire.

E dovremmo proprio dirlo al 21% di giovani intervistati che ritengono di essere del tutto insoddisfatti dall'attuale lavoro, dovremmo dirlo che quell'insoddisfazione è il risultato di una rinuncia avvenuta nel dominio dell'orientamento e dell'innovazione, rinuncia condivisa tra le istituzioni e le persone. Dovremmo dirlo, che il fatto che stiano in quel 21% non è un "dato" ma un "costruito", e che in quanto tale può essere modificato.

Penso che la delusione sia una forma gravissima della relazione umana, soprattutto se discende da una mancata assunzione di responsabilità, e noi tutti non possiamo lasciare che si radichi l'equivalenza disgregante "sono giovane = sarò deluso", dobbiamo sentircene responsabili perché se oggi è rappresentazione domani potrebbe diventare realtà.

Se il mercato del lavoro è il luogo di incontro tra domanda e offerta allora la Generation What? restituisce alla domanda un'altra domanda sconcertata, dis-orientata, che è appunto "What?". A questa domanda dobbiamo quindi corrispondere con la progettualità condivisa, con quello che in HH abbiamo chiamato "co-design", con lo stesso sguardo che abbiamo adottato per la ricerca: uno sguardo penetrante, in cerca degli impliciti della realtà di tutti i giorni, e uno sguardo esteso, che non dimentichi mai l'importanza dell'inclusione. Perché se dovesse capitare che nell'orientarsi e nel ricercare si scoprisse di avere un talento, questo deve essere subito impiegato per estenderlo a chi non lo ha, e permettere anche agli altri di goderne. È questo il senso più vero dell'innovazione: mettere in discussione l'esistente per modificarne le forme, producendo beneficio per la comunità. E questo è l'ultimo grande valore dell'esperienza in Hacking Health. Ce ne sarebbero tanti altri, ma nella ricerca e nella ricerca di senso è importante imparare il senso del limite, e quindi ci fermeremo qui. Per ora.»

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