LA PROPOSTA DI POLETTI…

…per incentivare le assunzioni risulta miope in quanto rivolta agli under 30, ossia una quota minoritaria di disoccupati (1), e in quanto non genera una visione di sistema (2) né una prospettiva capace di mettere al centro Innovazione, Ricerca, Formazione (3) e gli altri nodi cruciali del mondo del lavoro attuale (4). La mancanza di una visione orientata e di medio-lungo periodo incidono significativamente sulla capacità dei giovani di fare ingresso nel mondo del lavoro (5); allo stesso modo, non includere la Formazione nel quadro generale del problema rischia di aumentare le disuguaglianze di fronte a un lavoro che corre verso l'automazione progressiva (6). A mancare non sono i posti da occupare, ma i canali che dal mondo della Formazione (non solo universitaria) portano a quello del Lavoro, come dimostra il fenomeno dello skill shortage (7), per contrastare il quale serve da un lato costruire rappresentazioni sociali realistiche del mondo del lavoro (8), dall'altro riempire di contenuto e sostanza alcuni istituti già esistenti: l'Apprendistato, che attualmente produce squalifica delle competenze (9), l'Alternanza Scuola-Lavoro, che per come è ora ingolfa la didattica e non favorisce il transfer di competenze (10), la Formazione Continua stessa, scarsamente diffusa e integrata nel quadro generale Formazione-Lavoro (11); bisogna riallacciare i problemi alle cause storiche (12).




(1) Gli sgravi proposti da #Poletti inciderebbero sui #giovani, ossia su una quota minoritaria di #disoccupazione. Spunti da Andrea Telara su Panorama.

«Resta da chiedersi, però, se sia giusto o meno concentrare gli sgravi sugli under 30, visto che i disoccupati nelle altre fasce d’età non sono certamente pochi. Anzi, a ben guardare la quantità di senza lavoro tra la popolazione con più di 35 anni supera ampiamente quella che si registra invece tra le fasce anagrafiche più giovani.
[…]
Oltre la metà dei senza lavoro, cioè quasi1,7 milioni di persone, risultavano avere invece più di 35 anni. Entrando nel dettaglio, sempre secondo le statistiche Istat aggiornate al primo trimestre, ben 735mila disoccupati avevano tra 35 e 44 anni, mentre altri 650mila circa si trovavano nella fascia anagrafica tra 45 e 54 anni. C’è infine un ultimo nucleo di 260mila disoccupati che addirittura risultava avere più di 55 anni.»

http://www.panorama.it/economia/lavoro/lavoro-chi-servono-davvero-gli-incentivi-dello-stato/

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(2) La proposta di #Poletti non genera #visioni di lungo termine, ma una piccola #bolla di contentezza per le #imprese in vista delle #elezioni. Spunti da Luigi Oliviero su Phastidio.

«Sicché, appare abbastanza stucchevole (come rileva Marta Fana nell’articolo su Il Fatto Quotidiano, “Gli sgravi ai giovani servono solo alle imprese”) constatare come il Governo pensi sempre e solo alle solite “ricette”: incidere per legge sulle assunzioni, agendo, in particolare, mediante “sgravi” alle imprese, creando, di fatto, la cannibalizzazione tra istituti contrattuali.
[…]
Il rischio è di generare nuova spesa pubblica per sostenere una domanda di lavoro sostanzialmente congiunturale e non connessa ad incrementi occupazionali legati ad evidenze di crescita economica complessiva e, quindi, a sviluppo di clientela dei datori, che, infatti, vengono esentati dall’investimento nella formazione proprio dell’apprendistato. Investimento che, da un lato, rafforza la fidelizzazione tra datore e lavoratore e, dall’altro, consente di colmare il gap inevitabilmente presente tra competenze acquisite mediante gli studi e specifiche competenze operative nell’azienda, facilitando la crescita professionale dei lavoratori.»

http://phastidio.net/2017/08/26/sgravi-contributivi-giovani-cannibalizzare-lapprendistato/

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(3) Assente nella proposta di #Poletti per i #giovani una visione di lungo periodo, che metta #ricerca e #innovazione e #Formazione al centro. Spunti da Francesco Cancellato su Linkiesta.

«[…] gli sgravi contributivi costano molto più dell’occupazione che creano. Ne sono la prova i già citati 17 miliardi che abbiamo speso per la decontribuzione in questi anni, che hanno lasciato invariato o quasi il tasso di disoccupazione giovanile nel Paese, stabilmente sopra il 30%. Là dove i giovani hanno un lavoro - prendiamo gli Stati Uniti e la Germania, consci del loro essere modelli quasi inarrivabili, ora come ora - è perché ci sono investimenti formidabili in ricerca e innovazione, perché il valore aggiunto si genera a partire da nuove imprese che operano in settori innovativi, non perché si dà la mancetta all’imprenditore sperando che assuma un giovane di cui non sa che farsene, solo perché costa meno.»

http://www.linkiesta.it/it/article/2017/08/28/la-guerra-tra-giovani-e-anziani-sulle-mancette-in-finanziaria-e-una-bo/35326/

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(4) La risposta dalle #istituzioni ai problemi del #lavoro per i #giovani è la #defiscalizzazione. La #struttura del problema è più ampia. Spunti su AGI.

«Come si legge su Repubblica, Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha confermato al Meeting di Rimini l'inserimento nella prossima legge di Bilancio dello sconto strutturale sui contributi, pari al 50% per i primi due o tre anni di contratto. Ma precisa che la clausola ci sarà "certamente" perché "dobbiamo assolutamente evitare i comportamenti furbeschi di quanti cercano di utilizzare in qualche modo la norma, magari colpendo il lavoratore che oggi ha un posto di lavoro e deve mantenerlo".
[…]
Lo sgravio, sempre secondo quanto spiegano i tecnici vicini al dossier citati da La Stampa, dovrebbe essere per il 50% dei contributi fino a un limite di 3.250 euro annui per due anni seguito di uno sgravio contributivo fiscalizzato (quindi senza riduzione della prestazione futura) di circa il 3% strutturale.»

https://www.agi.it/economia/poletti_lavoro_giovanile_bonus_fiscale_clausola_anti_licenziamento-2085047/news/2017-08-24/

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(5) La mancanza di un #orientamento in #macroeconomia incide sulle #aspettative dei #giovani rispetto al #lavoro; unito a #disuguaglianze aumenta rischio #NEET. Spunti da Giovanni Gallo su Rapporto Giovani.

«L’analisi descrittiva evidenzia che i giovani NEET in Italia tendono a concentrarsi in alcune categorie della popolazione (es. donne, stranieri, abitanti del Mezzogiorno) e a vivere in famiglie a basso reddito, sebbene circa sei NEET su dieci non siano a rischio di povertà. Inoltre, il confronto degli andamenti temporali nel periodo 2007-2014 sottolinea sempre una forte correlazione negativa tra la percentuale di NEET tra i giovani di 16-29 anni e le quattro variabili contestuali anticipate di un anno, in particolar modo con quelle che riguardano la remunerazione del lavoro. Le stime econometriche del MSLE confermano complessivamente i risultati preliminari: le variabili socio-demografiche e il reddito hanno effetti significativi e in linea con quanto atteso. Allo stesso modo, le aspettative sulla congiuntura economica, la precarietà del lavoro o il rendimento dell’educazione terziaria hanno un ruolo rilevante nella scelta dei giovani italiani; soprattutto se a rischio di povertà.»
http://www.rapportogiovani.it/neet-nuovo-e-book-in-uscita-stay-tuned/

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(6) L'#automazione e in generale l'#innovazione aumentano le #disuguaglianze nel #lavoro, senza un orientamento chiaro di #macroeconomia. Spunti da Stefano Scarpetta su Morningfuture.

«È vero che molti studi tendono a identificare la tecnologia come causa della disoccupazione crescente. Secondo i ricercatori di Oxford, Carl Benedikt Frey e Michael Osborne, ad esempio il 47% dei posti di lavoro nel mercato americano nei prossimi vent’anni potrebbe sparire a causa dell’automazione. Noi siamo partiti dalle stesse previsioni di Frey e Osborne, ma abbiamo mappato le mansioni a rischio con i singoli lavoratori e non con le professioni, come fatto da loro. Dato che all’interno di ogni professione le mansioni svolte dai lavoratori variano enormemente, le nostre stime suggeriscono che la percentuale di posti di lavoro a rischio è dell’ordine dell’8-10%, anche se un altro 20-25% dei posti di lavoro non sparirà, ma subirà profondi cambiamenti nelle mansioni e quindi richiederà un grosso sforzo da parte dei lavoratori nella loro riqualificazione.
[…]
In ogni caso sarà necessario sia adattare i curricula scolastici e universitari per dare possibilità ai giovani di apprendere le competenze più utili oggi sul mercato del lavoro, sia offrire corsi di riqualificazione ai lavoratori che sono già sul mercato. La vera sfida è la formazione permanente.»

https://www.morningfuture.com/it/article/2017/07/07/stefano-scarpetta-nuove-tecnologie-il-vero-rischio-e-la-disuguaglianza/11/

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(7) Lo #skillshortage riguarda #lauree in #lingue, #ingegneria e #matematica, #diplomi in ambito #industriale, #artigianale e #informatico. Spunti da Unioncamere.

«A rischio il successo di più di 1 ricerca di laureati su 2 in indirizzo linguistico (69,9% la difficoltà di reperimento), ingegneria elettronica e dell’informazione (58,7%) e ingegneria industriale (50,2%). Ma anche la “caccia” ai matematici mostra difficoltà nettamente più elevate della media (40,9% contro 34,4%).

Mentre per i diplomati sono faticose 2 ricerche su 5 rivolte all’indirizzo in produzione industriale e artigianale e in informatica e telecomunicazioni. Tra gli altri profili tecnici di non facile reperimento si trovano i diplomati in costruzioni, ambiente e territorio (34,0%), quelli in meccanica (29,6%) e quelli in elettronica ed elettrotecnica (30,6%). Qualificati specializzati in impianti termoidraulici, ad indirizzo elettrico e meccanico sono, invece, quelli che le imprese cercano ma non trovano facilmente tra chi ha seguito un percorso professionale.»

http://www.unioncamere.gov.it/download/6912.html

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(8) Creare #aspettative e #rappresentazionisociali del #lavoro bene orientate è essenziale per creare canali tra #giovani e #lavoro e prevenire #NEET. Spunti da Il Mattino di Padova.

«L'offerta di 200 percorsi di formazione professionale retribuiti rivolti ai giovani da Unindustria Treviso lanciata alcuni mesi fa ha avuto l'adesione di poco più di 100 candidati.
[…]
«Il compito primario per tutte le componenti istituzionali e sociali che si considerano classe dirigente di questo Paese - conclude la leader di Unindustria Treviso - è di parlare chiaro e ricostruire un quadro veritiero e credibile in cui le aspettative dei giovani, e non solo possano trovare un riferimento per poter costruire il proprio futuro».»

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(9) Se l'#Apprendistato è inautentico giustifica la squalifica delle #competenze e del #lavoro. Serve più #valutazione dell'esito delle #policy. Spunti da Giovanni Gazzo su UIL Milano e Lombardia.

«Se per abusivismo si intende il non rispetto delle regole, tramite il quale chi lo esercita si avvantaggia a scapito della collettività che, in un modo o nell’altro, deve accollarsi gli oneri delle emergenze e del risanamento, si può affermare “tranquillamente” che esso esiste anche nel mondo del lavoro. Lavoro nero e grigio, evasione, elusione fiscale e frodi, contratti di lavoro “fai da te” e apprendistato fasullo a danno dei giovani, lo testimoniano.
[…]
Ottimo istituto l’apprendistato quando è vero e serve a imparare un mestiere, ipocrita soluzione quando serve solo a un low cost del lavoro che non crea nemmeno occupazione aggiuntiva, bensì sostitutiva. La filosofia del low cost eretto a sistema generalizzato è una realtà ambivalente che rischia di impoverire il lavoro umano, il quale è una componente importante del costo di un prodotto o di un servizio.»

http://www.uilmilanolombardia.it/abusivismo-ipocrisie-low-cost-i-veri-problemi-delloccupazione-giovanile/

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(10) Quando l'#AlternanzaScuolaLavoro è inautentica viene meno il suo valore #pedagogico e #formativo. Serve più #valutazione nelle #policy. Spunti da Gerardo Ragosa su Liberopensiero.

«Con la legge 107 del 2015 (nel concreto nei comma 28, 30, 33, 34, 35, 37, 38, 39, 40, 41, 138), viene regolamentata e resa obbligatoria a tutti gli effetti l’alternanza scuola-lavoro, un percorso di 400 ore per gli istituti tecnici e 200 ore per i licei nel quale ogni singolo studente è chiamato a rapportarsi con il mondo del lavoro (lavorando spesso senza una retribuzione e/o rimborso spese) in parallelo al percorso di studi.
[…]
“Credo che lo strumento per come era stato pensato sarebbe utile, ma c’è una grossa difformità tra la teoria e la prassi. Oggi l’alternanza scuola-lavoro non è altro che una forma di lavoro gratuito che distoglie dalla priorità della formazione e avvantaggia le aziende che possono non assumere perché conviene avere individui che offrono un servizio senza una retribuzione. Basti pensare agli studenti e alle studentesse negli autogrill o nelle catene di fast-food: cosa apprendono? Quanto è utile per il loro percorso quel tipo di lavoro? Queste dinamiche non danneggiano chi cerca un lavoro retribuito?”»

http://www.liberopensiero.eu/2017/08/21/alternanza-parla-un-insegnante/
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(11) I richiami a #Formazione, se non inseriti in una visione ampia e orientata del #mercatodellavoro e della #macroeconomia, sono improduttivi. Spunti da Francesco Seghezzi e Michele Tiraboschi su Avvenire.

«Se infatti le tecnologie si evolvono molto rapidamente, con esse aumenta il rischio di obsolescenza di competenze fino a poco tempo prima fondamentali. Ciò fa sì che una eccessiva attenzione sull’iperspecializzazione della forza lavoro, in particolare di quella in entrata che si riflette sui contenuti della didattica nei percorsi formativi, rischi di generare un effetto negativo. Sono invece più importanti oggi la capacità di adattamento e di saper comprendere e imparare i nuovi processi che si evolvono, piuttosto che una conoscenza dettagliata di strumenti che in pochi anni scompaiono.
[…]
Un generico appello agli investimenti in formazione, di per sé ragionevole e urgente, non basta più. Occorre evolvere l’idea stessa della formazione: non solo trasferimento di nozioni ma trasferimento di esperienze, non solo formazione di professionalità ma formazione di professionisti.»
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(12) #NEET, #disoccupazione e squalifica delle #competenze sono epifenomeni di un movimento storico iniziato nel 1993 che investe #relazioniindustriali. Spunti da Domenico Cortese su Senso Comune.

«Ciò che è sorprendente, piuttosto, è che nell’epoca della rivoluzione digitale e dello sviluppo esponenziale delle tecnologie ciò che stiamo vivendo è soprattutto un crollo della qualitàdei lavori disponibili. Le indagini Ocse attraverso «l’analisi dei dati sull’inchiesta internazionale delle competenze della forza lavoro adulta (PIAAC) ci confermano come lo “skill premium” ovvero la remunerazione delle competenze, è molto basso in Italia».
[…]
In primis, alla necessità che uno Stato forte si prenda l’onere di massimizzare ed equalizzare il potere reciproco di tutte le parti produttive, cosa non automatica. Uno Stato che prenda atto della contestuale debolezza delle parti sociali e che sia responsabile nel creare una legislazione che favorisca l’aumento dei redditi e del potere negoziale dei lavoratori.
[…]
Soprattutto, si sarebbero potuti mettere su incentivi fiscali all’innovazione e un piano di investimenti pubblici e partecipati dallo Stato nelle imprese private che puntassero all’innovazione in settori in cui il privato, da solo, è maggiormente timoroso ad investire.»

http://www.senso-comune.it/domenico-cortese/994/




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