"INVISIBILE MA VERO!", OVVERO "DEL FONDAMENTO SCIENTIFICO DELLA PSICOLOGIA"

Nel relazionarsi con medici, ingegneri, informatici, capita sovente che la definizione della Psicologia in quanto Scienza susciti una certa ilarità. Una piccola parte della mia attività di dialogo col mondo si spende con il mostro sacro Dott. Burioni, cercando di trasmettergli l'idea che anche le Scienze Sociali si costruiscono sulla ricerca come quelle mediche, e che esiste una quota di questa ricerca che dimostra che proprio aggredire i non addetti ai lavori produca gli effetti contrari a quelli sperati. Ma lui non raccoglie mai suggerimenti da psicologi; così come non lo fa l'ingegnere gestionale quando riceve consigli su come fare leva sulla motivazione delle persone, e risponde «Altro che motivazione, ci vuole una bella lettera di richiamo!», o l'avvocato quando si sente dire «Non è possibile stabilire con certezza se il minore debba essere collocato presso la madre o il padre» e risponde «Ma allora che scienza è se non dà risposte?». Sono in molti a credere che la Psicologia non sia una Scienza, a volte gli stessi psicologi. E sbagliano.

Figure come quella di Leonardo da Vinci sono passate alla storia indubitabilmente per le loro qualità artistiche, ma anche ingegneristiche e - questo è meno noto - poetiche: Leonardo uomo eclettico del Rinascimento? No, Leonardo figlio di un'epoca in cui essere sapienti significava bere alle diverse fonti della conoscenza, alle diverse arti, tutte confluenti nel grande bacino della Filosofia. Dobbiamo immaginare la filosofia, fino al XVI secolo almeno, come un campo unico, arricchito dalle diverse domande che nei secoli si sono posti i pensatori, a partire dall'età classica. Non è un caso che, da Aristotele fino a Comte, uno dei diletti maggiori di alcuni filosofi sia stato il tentativo di trovare un indice in grado di creare ordine tra le diverse discipline, una tassonomia sistematica che mettesse in relazione le diverse branche del pensiero. Alcuni esempi di interrogativi:
  • Cos'è l'anima e di cosa è fatta? --> Psicologia;
  • Come si può costruire un linguaggio veritiero? --> Logica;
  • Come nasce la conoscenza? --> Gnoseologia;
  • Come nasce la conoscenza della verità? --> Epistemologia;
  • Come nasce la conoscenza attraverso i sensi? --> Estetica;
  • Cos'è l'essere? --> Ontologia;
  • Qual è il comportamento giusto? --> Etica;
  • Qual è l'origine della Natura? --> Fisica;
  • Quali sono le forze che governano la Natura? --> Metafisica. 
Si tratta di domande che hanno dato origine a riflessioni molto vaste, tanto da portare il campo della filosofia a perdere di uniformità ma a guadagnare in estensione; tuttavia esistono ulteriori domande, meno ovvie, che hanno animato il dibattito filosofico:
  • Come si può trasformare la materia bruta in oro? --> Alchimia;
  • Come si può guarire dai mali? --> Medicina. 
Fatto è che una grande innovazione tecnologica del 1632 scardinò questo ordine quasi millenario, creando delle fratture interne alla Filosofia tanto profonde da minacciarne la tenuta unitaria. Con "innovazione tecnologica", non dobbiamo necessariamente immaginare uno strumento materiale: tecnologie sono anche le idee, le costruzioni concettuali, come in questo caso: la grande innovazione fu infatti il metodo scientifico di Galileo Galilei. L'onda d'urto derivata dall'introduzione di questo strumento nuovo, che rivoluzionava il campo dell'Epistemologia, fu tale da staccare un pezzo della Filosofia e da renderlo autonomo: la Fisica. 

In buona sostanza, il progresso dei due secoli successivi può essere descritto come il tentativo di alcuni campi della Filosofia di emanciparsi da essa, adottando il metodo scientifico che, col tempo, è diventato il tratto distintivo tra ciò che è filosofico e ciò che è, appunto, scientifico. Verso la fine del '700 fu il momento di Alchimia, che divenne l'odierna Chimica (cambiando non solo il nome, ma anche l'interrogativo fondante), la Medicina (grazie all'introduzione della possibilità di dissezionare i cadaveri) e l'Economia (che può essere descritta come una rivisitazione scientifica dell'Etica), anche se quest'ultima non adottò precisamente il metodo galileiano, quanto più quello cartesiano, più adatto alla speculazione matematica che alla ricerca empirica. Alla metà dell'Ottocento, invece, iniziò ad accadere qualcosa a livello della faglia della Psicologia. 

In particolare, era da qualche decennio che si era instaurata nel pensiero filosofico dell'epoca l'idea che sensi e ragione costituissero due momenti diversi e complementari della conoscenza: furono fondamentali il pensiero di Wolff, filosofo estetico, e di Kant. Tuttavia, proprio a quest'ultimo si deve il celebre argomento circa l'impossibilità di fondazione di una Psicologia su base empirica, in quanto è impossibile che una forma assuma se stessa a contenuto di indagine. 

Non fu banale quest'ultimo passaggio, perché - per quanto fosse stato abbandonato da tempo lo scolastico principium auctoritatis come base per validare un'affermazione - un autore della caratura di Kant era difficile da smentire. Allo stesso tempo, però, è nell'animo dell'uomo occidentale quella particolare inclinazione ad oltrepassare i confini, perciò quello che fu posto come limite divenne una sfida. A offrire uno spunto per vincerla fu un problema di ordine molto pratico. 

Quando l'astronomo Friedrich Bessel si trovò a esaminare le rilevazioni di suoi collaboratori, non poté non sorprendersi nel constatare che quasi tutte erano sbagliate; tuttavia, non sfuggì al suo occhio di matematico allenato che gli sbagli prodotti non erano erratici, ma possedevano alcune regolarità sospette. Fu così che espresse il concetto di equazione personale, con il quale, in buona sostanza, dette una formulazione matematica di un problema di estetica: come fondare la conoscenza sui sensi. 

Avendo messo in crisi il preconcetto secondo cui l'occhio umano fosse uno strumento di rilevazione esatto, il lavoro di Bessel stimolò ulteriore ricerca che vide confluire due tipi diversi di scienziati: da un lato i fisici, interessati a definire il modo in cui il corpo umano rilevasse e misurasse l'ambiente esterno, dall'altro i fisiologi, la cui curiosità convergeva nello scoprire come il sistema nervoso umano fosse in grado di veicolare la conoscenza del mondo esterno. Alcuni nomi: Fechner, fisico tedesco che nel 1860 descrisse assieme al fisiologo vitalista Weber la relazione tra gli stimoli sonori e i corrispondenti percetti; definì il proprio corso di studi Psicofisica, immaginando che l'equazione da lui elaborata mettesse in relazione l'anima (Psico-) con la Natura (-fisica). Von Helmholtz, fisiologo appassionato di fisica che per primo rilevò la velocità di conduzione elettrica del nervo, ipotizzando per primo l'esistenza di punti di discontinuità; Mach, fisico con la passione per l'epistemologia, che definì il compito della Scienza come quello di scoprire le leggi di connessione tra fatti elementari. E poi Wundt, assistente di Von Helmholtz, che nel 1879 fondò il primo laboratorio di Psicologia Sperimentale. 

Due note importanti: la prima è che tutti i personaggi citati avevano una formazione che sconfinava nella Filosofia, tanto che alcuni di loro venivano considerati filosofi prima che medici e fisici. La seconda è che la scelta di Wundt definire l'orientamento del proprio laboratorio "Psicologia" non fu né immediata né banale: fu anzi frutto di ragionamenti intensi, consapevole del fatto che le scelte linguistiche collocano le persone decretandone a volte il successo o l'insuccesso. Nel percorso di istituzionalizzazione di questa nuova disciplina, Wundt raccolse le esperienze dei propri predecessori e le sintetizzò nel laboratorio di Lipsia, identificando come fattor comune lo studio dell'esperienza immediata e dei modi in cui la coscienza si forma a partire da questa. 

È quindi un dato storico il fatto che i primi ricercatori nell'ambito della Psicologia non erano, appunto, psicologi, ma medici e fisici. Da Wundt in poi ebbe origine questo filone, la Psicologia Sperimentale, che con gli anni venne sempre di più chiamata "Psicologia", perdendo 

Pochi anni dopo, alla fine del XIX secolo, sorse in seno alle Scienze Mediche un'altra esigenza, dall'evidenza da un lato del fatto che alcuni disturbi fisici non potevano essere ricondotti a cause organiche, dall'altro che vi fossero fenomeni molto vicini allo sciamanesimo che iniziavano a essere studiati da medici acclarati. Anche in questo caso, fu la capacità di sintesi a restituire fama al personaggio: parliamo di Freud, neurologo ceco, che dette luce nei primi del '900 alla Psicoanalisi. 

Le 13 migliori frasi di Wilhelm Wundt, il primo psicologo della storia

A differenza della Psicologia Sperimentale, la Psicoanalisi è di più difficile classificazione, poiché tende a sfuggire a rigide antinomie quali teoria/metodo, piuttosto che concreto/astratto, o ancora analisi/sintesi; è per questo motivo che buona parte della disciplina ancora oggi è debitrice al suo padre totemico, e tende a non essere del tutto riducibile alla Psicologia. Un'eco importante sul piano culturale è di aver aperto nella Psicologia un nuovo filone di indagine e teorizzazione, che incorpora buona parte del modo di procedere della Filosofia ma che al tempo stesso evolve attraverso la pratica clinica e la verifica sperimentale. 

Ecco perché chiunque faccia ingresso nella Psicologia intuisca l'esistenza di profonde faglie che separano alcuni ambiti disciplinari, alcuni dei quali si sono saldati al metodo scientifico come strumento di verifica del proprio andamento, ma in assenza di una definizione sistematica di un quadro generale che renda la Psicologia una disciplina riconoscibile nella sua unitarietà; tant'è che, ancora oggi, viene identificata con la pratica del lettino e dell'analisi dei sogni, che sono tipiche della Psicoanalisi che, paradossalmente, non è nemmeno considerata a tutti gli effetti Psicologia. 

Infine, a complicare il quadro c'è il fatto che all'interno della Filosofia, sconvolta dai tanti scossoni e forse non ancora consapevole del perché di tanta veemenza nel principium individuationis delle sue gemme, prosegue un percorso di approfondimento che confluisce, ad esempio, nella Fenomenologia

Chi dunque affermi che la Psicologia non è scientifica, da un lato riconosce una certa confusione di percorsi disciplinari distinti che ancora oggi necessita di una sistematizzazione (ma sarebbe difficilissimo, oggi, per il ruolo giocato da competitivissimi dipartimenti), dall'altro però dimentica cosa significhi in sostanza "scientifica". 

Per non essere ulteriormente prolissi, prenderemo a prestito la classificazione di Peirce dei diversi metodi per fondare una conoscenza su basi - se non vere - quantomeno sicure:
  • metodo della tenacia --> è una forma di resistenza ostinata alle confutazioni, che non possiede alcuna giustificazione razionale; volendo, è il modo tipico in cui si sostengono alcune idee del Senso Comune; 
  • metodo dell'autorità --> è quello che fonda la certezza delle affermazioni nella fama di chi le ha pronunciate o di chi ha fornito le premesse; anche qui, molte idee del Senso Comune si appoggiano a questo metodo, anche se non è raro sentir dire uomini e donne di Scienza "Chi è costui per contraddirmi?";
  • metodo metafisico --> le idee, le affermazioni trovano fondamento nel discendere da alcuni assunti apodittici, di carattere generale e astratto;
  • metodo scientifico --> la verità di un'idea viene fondata sul rispetto di una pratica consensuale, appunto quella del metodo sperimentale. 
Se l'argomento forte di chi neghi la scientificità della Psicologia è che non porti a certezze, dunque, è evidente la fallacia di fondo: la conoscenza certa è quella del Senso Comune, non quella scientifica, che invece è intrinsecamente dubitativa, temporanea e consensuale: si regge sul livello di conoscenza raggiunto fino a quel momento conosciuto, ed è considerata vera fino a prova contraria. In questo Psicologia Cognitiva e Psicologia Clinica non sono dissimili, sebbene procedano in ambiti diversi, la prima in laboratorio e la seconda in studio: adottano entrambe un modo di procedere abduttivo, tramite il quale mettono alla prova ipotesi valutandone la probabilità alla luce dei dati a priori e di quelli nuovamente acquisiti. Sì, è vero, in ambito clinico questo viene fatto meno che in ambito sperimentale: a volte gli psicologi, ma anche i medici, derogano sulla precisione del procedimento diagnostico; ma questa è un'ignoranza colpevole, non un dato di fatto della disciplina in sé. 

Se invece l'argomento forte di chi neghi la scientificità della Psicologia è che non è possibile che una mente studi sé stessa, in questo caso l'errore è storico: perché sebbene Kant avesse decretato l'impossibilità di una Psicologia su base empirica, questa è riuscita comunque a procedere nell'indagine, tramite un furbo stratagemma: perché se da un lato è vero che non è possibile osservare direttamente la mente, la coscienza, ma anche l'inconscio, o il pensiero, dall'altro è vero che ciò che è invisibile non necessariamente non esista; esattamente come accade in Fisica, dove le forze non sono entità direttamente osservabili, ma lo sono i loro effetti. La caratteristica tipica degli studi in ambito psicologico, dunque, siano essi clinici o sperimentali, è che la variabile indipendente non è visibile. 

Essendo una Scienza dell'invisibile, dunque, la Psicologia necessita di metafore del proprio oggetto di studio per poter procedere; ed è proprio quello il succedersi di metafore una delle linee di sviluppo che meglio può descrivere l'evoluzione della Psicologia: si va dalla macchina a vapore di Freud, che ci racconta di una psiche animata da turbolenze e tensioni che cercano di sfiatare, al computer dei cognitivisti, che descrivono una mente complessa ma al tempo stesso algoritmica nel proprio modo di procedere; fino al paradosso delle odierne Neuroscienze, che adottano come metafora della psiche niente di meno che il cervello, generando non poca confusione nei non addetti ai lavori (e non solo). 

In conclusione, una breve nota formativa. È un dato della contemporaneità che le Università, nell'essersi rese competitive, stiano giocando al ribasso nell'offerta formativa (termine orribilmente preso a prestito dal lessico economico); uno dei tagli maggiori è stato sulla storia della Psicologia, che - qualora presente - viene raccontata come un susseguirsi disordinato di idee, senza guidare studentesse e studenti a cogliere in essa l'essenza della disciplina: una Scienza, sì, ma speciale, perché richiede - molto più di altre - onestà intellettuale e delicatezza metodologica. 

Popular Posts