LA CRISI DI GOVERNO…

…vede da un lato il Movimento 5 Stelle, che esprime valori contrari a quelli che ispirano le democrazie liberali (1), posizioni ambigue in relazione all'Unione Europea (2) e che ha un elettorato instabile e capriccioso (3), dall'altro il PD che ha perso i riferimenti della Sinistra (4), ormai incapace di ricostruire quel radicamento territoriale che apparteneva al suo DNA (5). Sullo sfondo, ad aspettare l'errore di uno dei due giocatori, un Salvini che, a parte alleanze pericolose (6), non si è ancora mai veramente scontrato con il dato di realtà (7).

Broken Mirror 

(1) La centralità del #M5S, per quanto apertosi al dialogo con il #PD, è la centralità di un partito anti-sistema, dove il sistema è la #democrazia liberale. Spunti da Alex Minissale su ‬Strade Magazine.


«Le pietre angolari della democrazia liberale devono insomma essere interiorizzate dai cittadini, cosicché fenomeni antidemocratici e antiliberali non giganteggino e possano essere ben gestiti o neutralizzati dal sistema politico-istituzionale. Il popolo italiano, lo si dica senza alcuna pretesa "scientifica", ma semplicemente muniti di buonsenso e di una pur sommaria conoscenza dell'Italia, anche quella pre-politica (dalle descrizioni dantesche della penisola, al "familismo amorale"), non è predisposto allo stabile mantenimento di tutte le innovazioni sociali, politiche e giuridiche che hanno fatto dell'Occidente il posto meno invivibile del globo, ma se l'è un po' ritrovate, specie dal secondo dopoguerra in poi, quando le spinte verso lidi, per così dire, "non occidentali" sono state annichilite da onde anomale di denaro a debito.
[…]
L'anno scorso alle politiche (e quest'anno alle europee, ma a parti invertite) a vincere le elezioni sono stati due partiti antisistema: uno strutturalmente, programmaticamente e orgogliosamente antiparlamentarista e l'altro esplicitamente suprematista, nonché aduso a scambiare le autorità di pubblica sicurezza per guardie pretoriane del sovranisticamente corretto. E sono stati questi due partiti a porre in essere una conventio, un vero e proprio contratto, ad excludendum verso Renzi e Berlusconi, gli unici due guardiani del faro liberal-democratico rimastici (suona stranissimo, specie per il secondo, al quale esplicitamente si diede del duce per un intero ventennio, con messinscene da "il regime è alle porte", imbavagliamenti in diretta televisiva e girotondi in piazza; ma anche per il secondo, additato per tutta la campagna pre-referendaria del 2016 quale responsabile di una prossima ventura deriva autoritaria; quando si urla "Al lupo! Al lupo!"...).»

https://www.stradeonline.it/istituzioni-ed-economia/3993-dopo-il-20-agosto-comunque-vada-non-sara-un-successo


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(2) Il piglio post-ideologico del #M5S, che ne ha garantito la vittoria elettorale in #Italia, si è tradotto in #Europa in un’#ambiguità #politica inaccettabile. Spunti da Luca Lottero su Rivistastudio.


«In Europa, invece, questo estremismo post-ideologico rischia di condannarli all’irrilevanza. «Il Movimento Cinque Stelle – spiega Gilles Gressani, direttore del Groupe d’études géopolitique, un think thank che analizza l’attualità geopolitica da una prospettiva europea – non è un partito che funziona in modo classico, con una linea politica di lungo periodo. È un partito che segue delle opportunità anche di mercato, si può leggere la sua azione come quella di un’azienda di digital marketing, che si è accreditata come fornitrice di soluzioni per la disintermediazione della democrazia. Quello che si vede è un interesse poco articolato per la scala europea». La difficoltà dei Cinquestelle a trovare alleati è stata una costante nella sua breve storia di politica europea.
[…]
Dopo le elezioni, molti di quelli che avevano lavorato a un ingresso dei 5 Stelle nell’Alde spinsero anche per un’alleanza tra il Movimento e il Partito democratico, che avrebbe potuto cambiare lo scenario». Poi, però, è arrivato il contratto di governo con Matteo Salvini. «Una scelta catastrofica – la definisce Gressani – probabilmente dettata dal fatto che gli esponenti dei Cinquestelle avessero voglia di arrivare al governo il prima possibile, anche a causa della regola dei due mandati. Una scelta politicamente suicida non solo dal punto di vista elettorale, ma anche da quello del posizionamento europeo. Oggi, in Europa, il Movimento è percepito come allineato alle posizioni di Salvini, quindi nessun gruppo che non sia sovranista può accollarsi un’alleanza con loro. È la ragione principale per cui non ha funzionato il tentativo di avvicinamento con Gue, la sinistra europea di Tsipras».»

https://www.rivistastudio.com/cinque-stelle-europa-alleanze/


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(3) L’#instabilità è ciò che contraddistingue la base di consenso del #M5S. Da Gianni Balduzzi su Termometropolitico.


«Una delle cose maggiormente degne di nota è il fatto che è il Movimento 5 Stelle che appare il partito con maggiori oscillazioni rispetto alla Lega. Il partito di Di Maio va dal 24,8% di Ixè al 27% di IPSOS.»

https://www.termometropolitico.it/1374588_sondaggi-elettorali-minority-report-16.html

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(4) La #sinistra, nel farsi e disfarsi della #Storia, ha perso i riferimenti categoriali che la #fabbrica le aveva conferito. Ma può ricostruirsi riempiendo di #solidarietà il vuoto tra io e altro. Spunti da Bruno Montanari su Strade.


«Salvini domina la scena mediatica; Di Maio lo insegue a qualche lunghezza di distanza; Conte, il cui titolo sarebbe quello di Presidente del Consiglio, annaspa; Mattarella, saggio custode dalla Costituzione, a volte è costretto a metterci una pezza. Berlusconi torna a salire o a scendere in campo; Renzi batte le ali e fa chicchirichì, Martina “regge”, Calenda inventa il Fronte Repubblicano, per scimmiottare i Francesi, solo che noi siamo una repubblica, sì, ma senza repubblicanesimo. Questa è la politica italiana 4.0, come si usa dire oggi, in uno scenario dominato dall’abbraccio Putin - Trump fatto per disarticolare, con mezzi diversi, l’Europa e farne evaporare financo l’idea.
[…]
La “destra”, pur perdendo il suo essere “borghese”, ma conservando il profitto, può sopravvivere alleandosi con i robot; la “sinistra”, invece, non può fare a meno degli uomini. Ed è da qui che occorre ripartire, facendo a meno del soggetto collettivo, per il quale sono venute meno le categorie intellettuali che lo costituivano, per tornare a cogliere, invece, l’origine di ogni dimensione esistenziale.»

https://www.stradeonline.it/diritto-e-liberta/3567-la-destra-la-sinistra-e-la-fine-della-politica

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(5) Pluralismo e radicamento territoriale come formule vincenti per un rilancio del #CentroSinistra: la lezione arriverebbe dalla #Sardegna. Spunti su Likiesta.


«Sarà molto prosaica, messa così, ma la sinistra non può che ripartire dall’Ulivo, o dall’Unione, comunque da una di quelle coalizioni larghe, larghissime che le hanno consentito di battere per due volte Berlusconi e il centrodestra. Se questo sarà, è probabile - anzi, è auspicabile - che il Pd finisca per implodere: ha poco senso un partito dalle identità multiple, in cui convivono Renzi e Zingaretti, Calenda e Orlando, quando la mediazione la devi cercare fuori. Meglio due o tre forze dalle identità chiare, che si alleano successivamente, che un minestrone di culture politiche. Non siamo più in America e il bipartitismo non c’è più almeno dal 2013, in Italia. Accorgersene non sarebbe male.
[…]
Puoi essere in crisi finché vuoi, ma se Delbono ha amministrato bene a Brescia, così come la Mancinelli ad Ancona, se Zingaretti ha governato bene il Lazio, se Massimo Zedda è stato un bravo sindaco a Cagliari il risultato si vede. Se invece incardini tutto sul leader nazionale di turno, come fosse un costante referendum sul suo valore, come se il territorio non contasse nulla, finisci che perdi a Torino, dove pure Fassino aveva ben operato, oppure tutte le città toscane.»

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/02/25/elezioni-sardegna-pd-centro-sinistra-commento/41205/amp/

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(6) In visita nella culla della #ndrangheta, #Salvini nega i problemi della #Lega con i #fondi per i #partiti a chi nega la presenza di #criminalità organizzata. Spunti da Alessia Candito su La Repubblica.


«"San Luca non è 'ndrangheta". Un ex assessore rivendica la decisione di disertare le urne. "È normale che qui non si voti da dieci anni - dice - abbiamo tutti lo stesso cognome e si passano guai quando il Comune viene sciolto". Nel paese che vanta fra le maggiori densità criminali della Calabria, ha il coraggio di affermare: "Qui il problema non è la 'ndrangheta, io non so neanche cosa sia. Qui il problema è la disoccupazione".
[…]
Un principio che non sembra valere per il suo partito. Nonostante le ripetute domande sui 49 milioni di rimborsi elettorali sottratti dalla Lega (una parte incassata e spesa anche da Salvini quando diventò segretario del Carroccio), Salvini glissa. Invocando "calma zen" afferma che "la procura di Genova sta facendo il suo lavoro e spero che questa storia finisca presto perché i soldi non ci sono. Anche se da ieri hanno cose più importanti di cui occuparsi".»

http://www.repubblica.it/cronaca/2018/08/15/news/salvini_a_san_luca-204198284/amp/?__twitter_impression=true


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(7) Se governerà da solo, #Salvini si troverà a confrontarsi con una questione che, finora, non è stato in grado di affrontare e gestire: il #dato di #realtà. Spunti da Ferruccio de Bortoli su Il Corriere.


«L’illusione che facendo più deficit, anzi «sano deficit» come dicono i leghisti, si possa ridurre il rapporto fra il debito (di cui nessuno parla più, argomento rimosso) e il prodotto interno lordo, desolatamente fermo. Non è mai successo. O che si possa combattere l’evasione fiscale (vera gramigna italiana, battaglia accantonata) insistendo con sconti e condoni. Oppure parlando di flat tax quando è chiaro a tutti che, allo stato dei nostri conti pubblici, è un’utopia ingannevole. E ancora, l’illusione che mandando in pensione le persone prima, i posti di lavoro vengano occupati tutti da giovani che peraltro continuano ad andarsene. Sarà poi curioso capire, in una eventuale campagna elettorale, specialmente al Sud, se Salvini annuncerà la cancellazione, una volta al governo, del reddito di cittadinanza. E come spiegherà, da quelle parti, l’autonomia differenziata chiesta a gran voce dai suoi governatori del Nord. La rappresentazione di comodo della realtà economica — considerando i mercati una sorta di bisca affollata di speculatori senza scrupoli — è il carburante del sovranismo, il moltiplicatore del consenso. Ma è anche fumo, o meglio sabbia, negli occhi dei cittadini, ai quali il conto prima o poi arriva. E lo pagano i più deboli.»

https://www.corriere.it/editoriali/19_agosto_10/sabbia-occhi-cf252366-bb99-11e9-9f76-c4a17a124b8d.shtml

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