QUARTIERI: MONDI
A giugno 2019, per un progetto che sto coordinando in un quartiere ERP di Trezzano sul Naviglio, mi sono trovato a gestire un tavolo di lavoro sul tema dei quartieri, in seno a un piccolo convegno organizzato dal Forum Cooperazione e Tecnologia. Il tavolo era organizzato come uno Science Café, ossia un momento di confronto tra personalità diverse, all’insegna del dato di realtà e del fatto obiettivo; sedevano assistenti sociali di diversi Comuni, insegnanti delle Scuole Secondarie, operatori e operatrici sociali, qualche assessore. I partecipanti, divisi in tre gruppi, avevano circa mezz’ora ciascuno per affrontare i temi che io gli avrei proposto. Quello che è emerso è stato piuttosto interessante.
Il secondo gruppo, invece, ha avuto come consegna di fare mente locale sui problemi che attualmente sentono rilevanti nel quartiere in cui i partecipanti vivono, cercando di definire una lista unica e condivisa. Infine, il terzo gruppo ha lavorato alla definizione dell’agenda dei problemi che, in questo periodo storico, stanno assillando il pianeta, cercando, anche qui, di definire una visione comune.
I risultati furono piuttosto interessanti e inaspettati. In primo luogo, come sottolinea Nasar (1990), ma anche Pezzoni (2012), la città e i quartieri vengono rappresentati in base alla qualità dell'esperienza che le persone ne fanno; in particolare, è piuttosto ovvio che ognuno di noi ricordi il tragitto che va da casa al supermercato più vicino, anche se questa conoscenza a livello di mappa non è detto che si rifletta in una parimenti approfondita memoria dei dettagli del percorso: quante case con la facciata gialla si incontrano? I parcheggi sono a pagamento, gratuiti o per residenti? Esistono dei parchi giochi? Sappiamo rispondere a queste domande solo nella misura in cui ci siamo trovati in una qualche occasione a dover tenere il conto delle case con la facciata gialla, ad esempio per scrivere un progetto di arte urbana che partiva dal valorizzare i condomini facciate monocrome, piuttosto che per trovare un luogo dove far giocare il nipote che ci viene a trovare. È l'esperienza che ci fa prestare attenzione ai luoghi, è l'attenzione che ci permette di entrare in relazione con essi; in caso contrario, rimarranno uno sfondo indistinto che ci lasciamo dietro mentre ci spostiamo. È così che ciascun partecipante ha saputo indicare un punto specifico, contrassegnandolo per quella caratteristica che lo ha reso, in almeno un'occasione, saliente, che fosse una fontanella o un albero tagliato.
Emerge, però, anche un'altro dato interessante: la totalità delle persone del gruppo è stata incapace di tracciare i confini della propria città. Ogni disegno indicava alcuni posti significativi per la persona, ma non i limiti dell'area in cui questi erano compresi. Si aveva percezione che ci fossero, da qualche parte, ma non si sapeva dove. Al tema dei confini sono stati dedicati fiumi di inchiostro, perché l'idea stessa - e la funzione - del confine è fondamentale nella vita umana; Perulli in più testi invita a riflettere su questo concetto-tema, sottolineando come questi costituiscano una parte fondamentale del riferimento dialettico al centro cittadino (1999): i confini creano il centro, che viene inteso come luogo di libertà, e quindi sono sia limite che possibilità di guardare e andare oltre. La loro totale assenza nella rappresentazione spontanea degli abitanti autorizza a pensare che l’orizzonte entro cui si allestisce il senso psicologico del vivere in città non è la mappa, ma il quartiere, con le sue caratteristiche peculiari.
Deriva da questa riflessione un’indicazione importante: lavorare nei quartieri e sui quartieri avendone in mente una buona definizione può diventare la premessa di un approccio efficace, in quanto tiene insieme tutti gli aspetti rilevanti che, altrimenti, sfuggirebbero al controllo. A tal proposito Carmon ed Eizenberg (2015) propongono una di tenere insieme due aspetti: «Continuous physical proximity among people together with some social attitudes, such as friendliness, and/or special behaviors, such as mutual assistance.», in altri termini, non c’è quartiere se tra le persone non si stabiliscono legami, per cui il dato meramente urbanistico non è in sé sufficiente.
Infine, dal lavoro del tavolo "Quartieri" è emersa un'ulteriore evidenza, che ribadisce l'importanza di considerare sempre di più quella del quartiere come una dimensione ideale per produrre cambiamenti sociali, culturali e urbanistici: nel definire, infatti, i problemi del quartiere in cui vivevano da un lato, del mondo intero dall'altro, due gruppi di lavoro che avevano operato separatamente si erano trovati a produrre delle agende pressoché identiche. Questo ci riporta al fatto che i quartieri, oggi, sono tutt’altro che cittadelle chiuse in loro stesse; piuttosto sono luoghi in cui sedimentano le contraddizioni che attraversano la contemporaneità tutta: la crisi del mercato del Lavoro, la gentrification, la povertà, le migrazioni, sono tutti temi che nei quartieri trovano un luogo in cui concretizzarsi in dinamiche, relazioni sociali, problemi (Helvacioglu, 2000).
Lynch, K. (1960). The image of the city (Vol. 11). MIT press.
Nasar, J. L. (1990). The evaluative image of the city. Journal of the American Planning Association, 56(1), 41-53.
Pezzoni, N. (2012). La città sradicata. I migranti mappano Milano (Doctoral dissertation, Italy).
Perulli, P. (1999). La città delle reti. Studi Organizzativi.
Carmon, N., & Eizenberg, E. (2015). Neighborhood//The International Encyclopedia of the Social and Behavioral Sciences/Ed. by JD Wright.
Helvacioglu, B. (2000). Globalization in the neighborhood: From the nation-state to Bilkent Center. International Sociology, 15(2), 326-342.
John Bulmer, Women hanging the laundry, for Sunday Times Magazine, Liverpool, 1965 © John Bulmer |
Al primo gruppo ho proposto di lavorare al tema della rappresentazione del proprio Comune e del proprio territorio; rappresentazione grafica, nel senso che i partecipanti erano stati dotati di pennarelli e fogli bianchi, e la consegna era di disegnare il Comune di residenza, come insegnò Lynch in The Image of the City del 1960: il disegno, infatti, tende a dare conto delle mappe cognitive che ci costruiamo delle città, in quanto tendiamo a ingigantire e a riempire di dettagli i luoghi che conosciamo meglio e a cui siamo più legati, mentre siamo vaghi su ciò che non ha grande rilevanza.
Il secondo gruppo, invece, ha avuto come consegna di fare mente locale sui problemi che attualmente sentono rilevanti nel quartiere in cui i partecipanti vivono, cercando di definire una lista unica e condivisa. Infine, il terzo gruppo ha lavorato alla definizione dell’agenda dei problemi che, in questo periodo storico, stanno assillando il pianeta, cercando, anche qui, di definire una visione comune.
I risultati furono piuttosto interessanti e inaspettati. In primo luogo, come sottolinea Nasar (1990), ma anche Pezzoni (2012), la città e i quartieri vengono rappresentati in base alla qualità dell'esperienza che le persone ne fanno; in particolare, è piuttosto ovvio che ognuno di noi ricordi il tragitto che va da casa al supermercato più vicino, anche se questa conoscenza a livello di mappa non è detto che si rifletta in una parimenti approfondita memoria dei dettagli del percorso: quante case con la facciata gialla si incontrano? I parcheggi sono a pagamento, gratuiti o per residenti? Esistono dei parchi giochi? Sappiamo rispondere a queste domande solo nella misura in cui ci siamo trovati in una qualche occasione a dover tenere il conto delle case con la facciata gialla, ad esempio per scrivere un progetto di arte urbana che partiva dal valorizzare i condomini facciate monocrome, piuttosto che per trovare un luogo dove far giocare il nipote che ci viene a trovare. È l'esperienza che ci fa prestare attenzione ai luoghi, è l'attenzione che ci permette di entrare in relazione con essi; in caso contrario, rimarranno uno sfondo indistinto che ci lasciamo dietro mentre ci spostiamo. È così che ciascun partecipante ha saputo indicare un punto specifico, contrassegnandolo per quella caratteristica che lo ha reso, in almeno un'occasione, saliente, che fosse una fontanella o un albero tagliato.
Emerge, però, anche un'altro dato interessante: la totalità delle persone del gruppo è stata incapace di tracciare i confini della propria città. Ogni disegno indicava alcuni posti significativi per la persona, ma non i limiti dell'area in cui questi erano compresi. Si aveva percezione che ci fossero, da qualche parte, ma non si sapeva dove. Al tema dei confini sono stati dedicati fiumi di inchiostro, perché l'idea stessa - e la funzione - del confine è fondamentale nella vita umana; Perulli in più testi invita a riflettere su questo concetto-tema, sottolineando come questi costituiscano una parte fondamentale del riferimento dialettico al centro cittadino (1999): i confini creano il centro, che viene inteso come luogo di libertà, e quindi sono sia limite che possibilità di guardare e andare oltre. La loro totale assenza nella rappresentazione spontanea degli abitanti autorizza a pensare che l’orizzonte entro cui si allestisce il senso psicologico del vivere in città non è la mappa, ma il quartiere, con le sue caratteristiche peculiari.
Deriva da questa riflessione un’indicazione importante: lavorare nei quartieri e sui quartieri avendone in mente una buona definizione può diventare la premessa di un approccio efficace, in quanto tiene insieme tutti gli aspetti rilevanti che, altrimenti, sfuggirebbero al controllo. A tal proposito Carmon ed Eizenberg (2015) propongono una di tenere insieme due aspetti: «Continuous physical proximity among people together with some social attitudes, such as friendliness, and/or special behaviors, such as mutual assistance.», in altri termini, non c’è quartiere se tra le persone non si stabiliscono legami, per cui il dato meramente urbanistico non è in sé sufficiente.
Infine, dal lavoro del tavolo "Quartieri" è emersa un'ulteriore evidenza, che ribadisce l'importanza di considerare sempre di più quella del quartiere come una dimensione ideale per produrre cambiamenti sociali, culturali e urbanistici: nel definire, infatti, i problemi del quartiere in cui vivevano da un lato, del mondo intero dall'altro, due gruppi di lavoro che avevano operato separatamente si erano trovati a produrre delle agende pressoché identiche. Questo ci riporta al fatto che i quartieri, oggi, sono tutt’altro che cittadelle chiuse in loro stesse; piuttosto sono luoghi in cui sedimentano le contraddizioni che attraversano la contemporaneità tutta: la crisi del mercato del Lavoro, la gentrification, la povertà, le migrazioni, sono tutti temi che nei quartieri trovano un luogo in cui concretizzarsi in dinamiche, relazioni sociali, problemi (Helvacioglu, 2000).
Bibliografia
Lynch, K. (1960). The image of the city (Vol. 11). MIT press.
Nasar, J. L. (1990). The evaluative image of the city. Journal of the American Planning Association, 56(1), 41-53.
Pezzoni, N. (2012). La città sradicata. I migranti mappano Milano (Doctoral dissertation, Italy).
Perulli, P. (1999). La città delle reti. Studi Organizzativi.
Carmon, N., & Eizenberg, E. (2015). Neighborhood//The International Encyclopedia of the Social and Behavioral Sciences/Ed. by JD Wright.
Helvacioglu, B. (2000). Globalization in the neighborhood: From the nation-state to Bilkent Center. International Sociology, 15(2), 326-342.