LA DECISIONE DI ARCELOR MITTAL…

…di lasciare lo stabilimento dell’ex-Ilva di Taranto non sorprende: è a partire dalla privatizzazione, nel 1995, che il complesso industriale è oggetto di mala gestione e vicende giudiziarie (1), che ha portato negli anni all’accumulo di problemi oggi difficilmente gestibili. Innanzitutto la questione sanitaria e ambientale, irrisolvibile anche con il salvataggio (2), dal momento che persino con una produzione a 2/3 del minimo necessario perché il bilancio sia in attivo (4 tonnellate di acciaio all’anno vs le 6 necessarie) lo sviluppo di tumori arriva ben oltre la soglia di rischio (3); poi, c’è il problema industriale connesso alla produzione di acciaio: se anche si fossero raggiunte le 6 tonnellate annue a Taranto (4), 8 su tutta Italia,  comunque il comparto siderurgico è in sofferenza, in quanto la Cina ha sottratto quote importanti di mercato (5) e quindi la produzione è andata in sofferenza (6). Nonostante l’interdipendenza tra il benessere dell’acciaio italiano e le PMI italiane (7), ArcelorMittal si è insediata nel territorio senza eccessiva preoccupazione per le ricadute sull’indotto e sul territorio (8), motivo per cui la politica locale osteggia l’idea di quella nazionale di proseguire a tutti i costi (9), e preferirebbe avviare un percorso di dismissione esemplare (10), facendo collimare le istanze occupazionali con quelle ambientali (11). 


(1) ‪A partire dalla #privatizzazione nel 1995, la storia dell’#Ilva è caratterizzata da vicende giudiziarie che ne hanno messo in luce la mala gestione. Spunti da Lettera43.‬


«Nato nel 1905 come Società anonima Ilva, il gruppo ha attraversato oltre un secolo tra periodi di grande espansione (in particolare negli anni del boom economico) e di forti criticità, come la grande crisi dell'acciaio negli Anni 70.
[…]
L'assemblea dell'Iri dà il via libera definitivo alla vendita di Ilva Laminati Piani (Taranto e Genova) al gruppo Riva per circa 2.500 miliardi di lire, corrispondente ad una valutazione complessiva della società di 4 mila miliardi e tenuto conto dei debiti che verranno assunti dalla società acquirente. Finisce così l'era dell'acciaio di Stato e Riva diventa il secondo produttore europeo. Prendono il via grandi battaglie sindacali all'interno dello stabilimento di Taranto, su sicurezza, condizioni di lavoro e salvaguardia dei posti.»


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(2) ‪Il salvataggio dell’ex-#Ilva non risolverebbe in alcun modo lo stato di #crisi ambientale e sanitaria che affligge la città di #Taranto. Spunti da Rosy Battaglia su‬ Valori.


«A permettere di proseguire la produzione, ci hanno pensato 14 decreti Salva-Ilva, messi in campo dai vari governi da Berlusconi a Conte. Intanto, ironia della sorte, il processo «Ambiente Svenduto» relativo ai danni ambientali e sanitari, è ancora in corso a Taranto. Sul banco degli imputati i precedenti proprietari, la famiglia Riva, 44 persone tra i loro fiduciari, ex manager e rappresentanti della fabbrica, amministratori e funzionari pubblici e tre società.
[…]
Ma il fermo di Arcelormittal ha, soprattutto, motivazioni commerciali e industriali, legate, come ha ricordato l’attuale ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ad un piano industriale che non ha tenuto conto delle dinamiche del mercato dell’acciaio, in Europa. Come l’arrivo dei dazi, il calo produttivo in Germania e la crisi  dell’automotive, già denunciate da Confidustria nei mesi scorsi. La stessa Arcelomittal aveva già annunciato un calo produttivo lo scorso maggio.»


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(3) ‪Il numero dei decessi per #tumore attribuibile all’attività dello stabilimento dell’ex-#Ilva nella città di #Taranto è stato superiore alla soglia massima di #rischio accettabile anche con #produzione a 4 tonnellate. Spunti da‬ Quotidiano Sanità.


«“Questa valutazione integrata di impatto ambiente e sanitario (VIIAS) - spiegano i ricercatori in una nota - ha confermato i risultati delle Valutazioni del Danno Sanitario (VDS) già condotte in precedenza in queste aree e aggiunge nuove importanti conoscenze: si stima una riduzione dell’impatto sanitario dallo scenario pre-AIA rispetto a quello post-AIA sia a Taranto sia a Brindisi: nei 3 scenari indagati a Taranto i decessi attribuibili ogni anno alle emissioni industriali passano da 28, a 18 a 5; a Brindisi passano da 3,8 a 1,5 a 1,6 (vd. tab. 2 articolo allegato). Ma mentre a Brindisi le stime dei rischi di tumore al polmone (ILCR) sono sotto il limite di riferimento (compresi tra 1x1.000.000 e 4x100.000), a Taranto nel quartiere Tamburi si osservano ILCR superiori a 1x10.000 non solo nel 2010 e nel 2012, ma anche nello scenario 2015, nonostante una produzione di acciaio di soli 4,7 milioni di tonnellate (l’AIA ne autorizza 8 milioni).»


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(4) ‪La promessa di #ArcelorMittal era di portare dopo il 2023 la #produzione à 8mln di tonnellate di #acciaio e di investire oltre 1mld per la bonifica del sito. Spunti da Andrea Gagliardi su ‬Il Sole 24 Ore.


«Un impatto negativo si avrebbe soprattutto sulle esportazioni (-2,2 mld) ma anche sui consumi delle famiglie (-1,4 mld), considerando il significativo impatto del venir meno degli stipendi degli addetti dello stabilimento, dell'indotto diretto e degli effetti occupazionali del rallentamento dell'economia. Si ricorda infatti che l'occupazione impegnata da ILVA è di quasi 10 mila addetti (di cui oltre l'80% a Taranto), di circa 3 mila dipendenti nell'indotto e di altri 3 mila addetti legati all'economia attivata dall'azienda. Parliamo di un bacino complessivo di oltre 15 mila persone che rischierebbe di perdere il salario.
[…]
Dopo il 2023, con la messa nuovamente in funzione dell’altoforno numero cinque, l’output realizzato a Taranto sarebbe dovuto salire a otto milioni di tonnellate annue (cui si aggiungerebbero i due milioni realizzati nel Nord) e la quota sul totale nazionale sarebbe destinata a salire a oltre il 40%. Nell’arco temporale di implementazione del piano industriale la nuova società avrebbe inoltre realizzato 2,4 mld di euro di nuovi investimenti, cui si aggiungevano i circa 1,1 mld di spese destinate alla bonifica del sito oggetto di transazione con la precedente proprietà.»


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(5) ‪Sul comparto siderurgico gravano la competizione impari con la #Cina e la stagnazione ventennale del mercato interno. Spunti da Gianfranco Polillo su ‬Start Magazine.


«Sul comparto agiscono due crisi differenti. Da un lato la stretta congiunturale che nasce dal rallentamento di tutta l’economia europea. Ed in particolare della Germania: prima potenza industriale verso la quale è indirizzata larga parte della produzione italiana. I cosiddetti “terzisti”. Produttori cioè di quelle parti meccaniche che costituiscono parte integrate delle catene del valore. In questo più ampio mercato la produzione siderurgica, nei primi mesi dell’anno, è scesa del 3 per cento, fermandosi sulla soglia delle 122,5 milioni di tonnellate di prodotto. Un po’ perché la domanda non tira. Ma soprattutto a causa di una concorrenza cinese che marcia come un treno. Nello stesso periodo, la produzione dell’ex Celeste impero è cresciuta dell’8,4 per cento per un totale (notare le differenze) di 748 milioni di tonnellate.
[…]
Le esportazioni sono, indubbiamente, la grande risorsa del Paese. In media, dal 2000 sono state pari a circa il 25 per cento del Pil prodotto. Quota che, nel 2018, ha raggiunto il 31 per cento. Ma è un motore ancora troppo piccolo per trainare l’intero convoglio nazionale. La siderurgia – basti pensare al ristagno delle grandi infrastrutture – è la prima vittima di questo stato di cose. Pensare di risolvere, almeno in prospettiva, il problema di Taranto significa voltare pagina. Abbandonare le fumose teorie della “decrescita felice” e rimboccarsi le maniche, nel tentativo di recuperare il tempo finora perduto.»


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(6) La #produzione di #acciai degli impianti dell’ex-#Ilva non ha raggiunto il target desiderato nel 2019; la caduta dell’#immunità ha aggravato una situazione già sfavorevole. Spunti da Open.


«Le motivazioni sono chiare. Da una parte c’è la crisi del mercato siderurgico, che interessa non solo l’Italia ma l’Europa intera. Dall’altra, fattore più incisivo per quanto riguarda le mosse dell’azienda sul territorio italiano, c’è stata l’abolizione dello scudo penale, introdotto con una legge del 2015 e revocato con l’approvazione del decreto Salva Imprese nel settembre di quest’anno.
[…]
6 milioni di tonnellate di acciaio: è questo il livello che la ArcelorMittal contava di produrre nel 2019 – che è il livello autorizzato dall’Aia (Autorizzazione integrata ambientale) fino al compimento delle prescrizioni ambientali in scadenza nell’agosto 2023. A maggio scorso, però, l’azienda, a fronte della crisi di mercato, ha dichiarato che l’obiettivo di 6 milioni sarebbe slittato al 2020, e che per quest’anno si sarebbero attestati su 5 milioni, dato anche lo stato non propriamente efficiente degli impianti e la necessità di fare manutenzioni.»


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(7) ‪La #produzione nostrana di acciaio ha una ricaduta positiva sulle #PMI italiane, in quanto dà accesso a una materia prima a prezzo favorevole. Spunti da ‬Il Sussidiario.


«L’acciaio è una materia prima lavorata, con differenti gradi di perfezione. Grazie al lascito della grande industria siderurgica nazionale di proprietà pubblica, gli acciai piani di Taranto sono di altissima qualità, tra i migliori al mondo. E in un Paese caratterizzato dalla presenza di piccole e medie imprese, questi sono venduti per circa il 70% a copertura del fabbisogno nazionale. Di fatto le imprese metallurgiche, meccaniche e affini italiane possono acquistare questo acciaio di altissima qualità a un prezzo inferiore rispetto a quello dell’oligopolio internazionale. Quindi la chiusura dell’ultimo impianto a ciclo integrato rimasto in Italia sarebbe oltremodo grave: verrebbe meno uno dei pochi fattori che consente alla nostra piccola e media impresa di resistere.
[…]
Quella di Renzi è la posizione che può esprimere una persona che è a capo di un conglomerato industriale, non che viene eletta dal popolo per fare gli interessi della nazione e occuparsi di problemi generali. È molto grave che un singolo parlamentare si faccia promotore addirittura di accordi industriali. Vuol dire che i neo-partiti personali sono agglomerati di imprenditori che di volta in volta contattano degli uomini politici, li mandano avanti per fare in modo che si preveda l’applicazione di determinate leggi e misure e attorno a questo raggiungono un consenso che abbia un peso elettorale.»


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(8) ‪#ArcelorMittal diserta la Commissione sulla #Crisi delle #Aziende dell'indotto ex-#Ilva, settore sta soffrendo in seguito ai tagli dei costi. Spunti da Cosmopolis.‬


«“La decisione di ArcelorMittal di rivedere al ribasso la situazione dell'indotto-appalto a Taranto, tagliando i costi mediamente del 40 per cento, come sostengono Confindustria Taranto e i Sindacati, riducendo il numero delle imprese e gestendone una quota attraverso la AGS (Alliance Green Service), sta provocando seri problemi. – ha commentato l’assessore allo Sviluppo economico, Mino Borraccino - Qualche giorno addietro ha avuto luogo presso l'ARPAL Puglia l'incontro per definire le modalità di passaggio dei lavoratori dall'impresa Castiglia alle nuove cinque imprese aggiudicatrici dell'appalto. Nella discussione è emersa chiaramente la volontà delle imprese, compresa la AGS – Società controllata da ArcelorMittal - di assumere il personale attualmente impiegato a condizioni peggiorative, attraverso il cambiamento dal CCNL del settore Metalmeccanico (che prevede maggiori tutele dal punto di vista del salario e dei contributi), al CCNL del settore Multiservizi,  nettamente meno garantista. Ciò, nonostante che ArcelorMittal, impresa committente, - spiega  Borraccino - si fosse impegnata, anche attraverso comunicati stampa ufficiali, a garantire nei cambi di appalto la conservazione delle condizioni contrattuali e salariali dei lavoratori interessati”.»


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(9) ‪Il Ministro #Patuanelli vuole fermare l’uscita di scena di #ArcelorMittal dallo stabilimento di #Taranto, annunciato dall’azienda in una nota stampa; #Bentivogli parla di incompetenza e pavidità politica. Spunti da Luigi Pereira su ‬Start Magazine.


«Dopo un vertice con il premier Conte, il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli (M5s), fa sapere che “il governo non consentirà la chiusura dell’Ilva”. A Mittal, che sarà convocata immediatamente, dirà che “non ci sono presupposti giuridici per il recesso dal contratto”. “Il Contratto – ha affermato ArcelorMittal nel comunicato – prevede che, nel caso in cui un nuovo provvedimento legislativo incida sul piano ambientale dello stabilimento di Taranto in misura tale da rendere impossibile la sua gestione o l’attuazione del piano industriale, la Società ha il diritto contrattuale di recedere dallo stesso Contratto”.
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“Apprendiamo la notizia della volontà di ArcelorMittal di comunicare ai commissari la volontà di recedere il contratto. Significa che partono da oggi i 25 giorni per cui lavoratori e impianti ex Ilva torneranno all’Amministrazione Straordinaria. Tra le motivazioni principali, il pasticcio del Salva-imprese sullo scudo penale. Un capolavoro di incompetenza e pavidità politica: non disinnescare la bomba ambientale e unire una bomba sociale”. Così ha commentato il segretario nazionale della Fim Cisl Marco Bentivogli la decisione del gruppo Arcelor Mittal.»


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(10) ‪Rilanciare #Taranto come #laboratorio per far emergere soluzioni al problema dell’ex-#Ilva e a tutti i casi simili. Spunti da‬ Peace Link.


«"La prima - dice - e’ che si prosegua verso una strada di illegalita’, per cui lo Stato si arrende e consente di violare le leggi, facendo una legge che consente di violare le leggi: cosa terribile. E’ come se lo Stato dicesse: siccome non vi posso aiutare, violate le leggi. Lo Stato rinuncia al suo ruolo cosi’".
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"Lo Stato si riappropri del suo ruolo strategico e il governo convochi a Taranto le migliori intelligenze, italiane ed europee, per pensare a un futuro davvero sostenibile. Si faccia di Taranto un laboratorio pensare in cui pensare alla risoluzione di un problema complesso. Se lo fara’, e se lo fara’ bene, a Taranto avra’ creato un luogo in cui prefigurare la risoluzione di altri casi simili".»


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(11) Di fronte all’#aumento della produzione di gas serra, i #sindacati (o un nuovo Sindacato) potrebbero maturare una nuova coscienza: che i #diritti dell’ambiente sono in continuità con quelli sociali. Su Il fatto quotidiano. 


«Se questo è il contesto, occorre rendersi conto che la fobia verso i migranti e l’inganno della crescita a spese della natura non servono ad altro che a distrarre l’opinione pubblica, per mantenere immutate le disuguaglianze sociali anche a fronte della sfida del clima. Una sfida di primaria importanza che richiede due impegni cogenti: lasciare sottoterra i combustibili fossili e garantire i diritti umani e sociali nella transizione energetica. 
[…]
Al punto in cui siamo, continuare a fare della combustione dei fossili una ragione primaria di profitto porta a violare i diritti umani e a ricattare i lavoratori sotto il profilo occupazionale e dei diritti sociali. Ed è altrettanto chiaro, anche se ce ne scordiamo facilmente, come le persone possano perdere i loro diritti tradizionali di vivere in una foresta (Amazzonia), o in una valle (Tav) o lungo un litorale marino (Tap) quando si infrange l’equilibrio climatico potenziando la filiera fossile oltre il tollerabile. Tutte materie su cui il sindacato ha titolo pieno per essere informato e per negoziare a favore dei suoi organizzati.»

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