UNA RIPRESA COMUNITARIA


Uno degli aspetti più terribili della pandemia è stato senza dubbio il non poter seppellire i morti. Con l'associazione Antropolis abbiamo avviato una riflessione proprio su questo tema, interrogandoci sulla possibilità di disegnare un rituale nuovo, rispettoso dell'esigenza di lasciar riposare gli spiriti senza incorrere in rischi sanitari. L’idea di nonno in una bara anonima in mezzo a tante altre bare anonime ha spezzato il cuore a molti; e anche chi non è stato direttamente colpito ha memoria di quell'immagine orrenda dei camion militari in fila per le strade di Bergamo. Ma non c’è solo questo.
Secondo AGI il peso dell’incertezza durante il lockdown è stato insopportabile:
Il problema è che abbiamo subito non solo un isolamento, ma una sorta di bombardamento psichico costante e continuativo che ci ha fatto navigare nell'incertezza. Questa incertezza è andata ad alimentare e in maniera negativa anche le emozioni creando e favorendo ansie paure preoccupazioni e, nello stesso momento, anche rabbia e frustrazione.
Similmente, Devora Kestel, direttrice del dipartimento di salute mentale dell’OMS, sostiene che le fonti di pressione siano aumentate con la pandemia, e che il loro sommarsi rapido possa rappresentare una minaccia:
"L'isolamento, la paura, l'incertezza, le turbolenze economiche, tutti questi elementi causano o potrebbero causare sofferenze psicologiche"
A rinforzare l’idea che la gravità della crisi sia proporzionale al malessere psicologico c’è anche una ricerca dell’Istituto Mario Negri  che rileva come ad Alzano e Nembro, due dei comuni più colpiti dalla pandemia, si registrino livelli di ansia preoccupanti entro un raggio di 25 km, rendendo chiaro allo stesso tempo come anche Milano sia rimasta colpita dallo stesso problema con la medesima intensità. 

Mappa del distress in Lombardia, redatta dall'Istituto Mario Negri

La teoria psicologica sottostante è quella della psiche come muscolo: sottoposta a sforzi esagerati, non regge, non è abbastanza forte. In questa direzione sembra andare la cosiddetta sindrome della capanna, che consiste nella difficoltà ad uscire di casa a tornare alla propria vita di sempre (per quanto consentito): senza un allenamento allo stare fuori, si fa fatica a riprendere. Qui una mia intervista a TV2000 sul tema della ripresa e delle difficoltà per alcuni nel ritorno alla nuova normalità:


Le catastrofi, è noto, da sempre producono energia psichica in eccesso, che viene a manifestarsi o nelle sue forme anancastiche della riproposizione del trauma o in quelle indeterminate dell’ansia e del panico, ed è necessario approntare un sistema capillare (ed efficace!) di presa in carico professionale dei nuovi bisogni. Tuttavia, se è vero, come afferma Benasayag in una delle sue lezioni sulla complessità, che questa pandemia riproduce le caratteristiche della società neoliberista, isolata e spaventata, a porre un argine alla crisi non può essere solo l’intervento individuale, ma anche quello per ristabilire il Senso di Comunità: anche in tal senso andrebbero ripensati i servizi di assistenza psicologica. 

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