IL TRADE-OFF TRA SICUREZZA E LIBERTÀ (DIVAGAZIONE STORICA IMPROPRIA)

L’età augustea può essere letta come un periodo di profonde riforme, prevalentemente sottotraccia, tese alla concentrazione delle funzioni di governo con il fine di garantire la pace sociale. Dopo un lungo periodo di guerre civili, in buona sostanza causate dall’inasprimento delle tensioni sociali, i Romani tutti, dalla plebe al Senato, erano disposti a cedere quote di libertà in cambio di una maggiore tranquillità, quella che noi oggi chiameremo "sicurezza". Quella di Ottaviano fu un'opera di reingegnerizzazione del potere repubblicano, necessaria per reggere il carico dato dall'espansione territoriale e dalla conseguente esplosione delle disuguaglianze. Nel film Il primo imperatore, in un flashback un giovane Ottaviano torna a Roma con l'amico Agrippa, che non l'aveva mai vista, ma dopo qualche giro per le strade esclama "Quanta povertà!"; e in effetti, come scrive Branko Milanovič, nel 50 a.C., la ricchezza di un aristocratico era paragonabile a quella di un grande magnate dell'economia odierno.



Secondo Cicerone la pace prosperava nella libertà, ma Augusto Ottaviano risemantizza il concetto di pax, che diviene un patto tra strati sociali, i quali cedono potere in cambio della parola "fine" agli spargimenti di sangue della guerra civile; nelle Res Gestae lo stesso Augusto racconta delle innumerevoli acclamazioni, sottolineando così che Roma tutta lo volesse imperatore. Viene inaugurato così un nuovo periodo storico, che non consiste solo nell'Impero Romano, ma nell'immanenza del potere nella figura di un singolo uomo, che poteva disporne a piacimento, laddove prima questo era insito nella res publica stessa; le strutture del potere diventano così malleabili, e da quel punto in poi è compito di ogni imperatore modificarle e adattarle alle esigenze e alle emergenze date da un periodo tumultuoso.

"Dopo un lungo periodo di guerre civili, in buona sostanza causate dall’inasprimento delle tensioni sociali, i Romani tutti, dalla plebe al Senato, erano disposti a cedere quote di libertà in cambio di una maggiore tranquillità, quella che noi oggi chiameremo sicurezza."

Ottaviano cercò di modificare l'assetto repubblicano senza intaccarne la parvenza, dato l'odio dei Romani nei confronti dell'idea di essere sudditi e non cittadini. In modo opposto al motto di Tomasi di Lampedusa, Augusto conservò apparentemente la costituzione repubblicana, ma di fatto la riformò profondamente sotto lo sguardo passivo del Senato e del popolo: riuscì così a non cambiare niente per cambiare tutto. Pone alla base del proprio agire l'idea del "governo del migliore", che agisce sulla base del consenso dei cittadini e garantisce la costituzione repubblicana. La tattica che persegue è di accumulare cariche per via legale: si fa eleggere console, assume la tribunicia potestas e l'imperium proconsulare, e la carica di Princeps Senatus, arrivando così a controllare sia Roma che le province, ad avere garantita l'inviolabilità personale e il potere militare; con il termine "Princeps Senatus", veniva inizialmente indicato il senatore più autorevole, che aveva il diritto di aprire il dibattito. Con Augusto, invece, il termine indica una concomitanza di poteri e di consenso che difende e preserva le istituzioni e le magistrature della tradizione. Occupò pertanto tutti i gangli del potere in modo legale, trasformando di fatto Roma in una monarchia.

La società romana era sempre stata rigidamente stratificata in patrizi e plebei, ma l'assetto repubblicano garantiva equilibrio e stabilità. L'espansione dei confini dell'impero aveva reso invece più complicata la conservazione dello status quo: gli espropri avevano impoverito numerosi contadini, Roma attraversava un inverno demografico e si era diffusa tra la plebe l'idea che fosse doverosa una maggiore mobilità sociale. Augusto non avrebbe potuto paralizzare nuovamente la società, per cui l'esercito prese a funzionare come ascensore sociale e meccanismo perequatore, in quanto consentiva ai provinciali di acquisire la cittadinanza romana, ai veterani di ritirarsi dall'attività militare con un appezzamento di terra. La classe dirigente romana, che fino a quel momento aveva potuto imporsi sugli altri, con l'avvento del principato diviene servitrice del princeps, e il suo successo inizia a dipendere dalla capacità di intrattenere buone relazioni con gli altri. Il gruppo familiare cessa di essere dominatore assoluto, si può dire che viene meno la natura clanica della vita pubblica di Roma e che gli aristocratici stessi iniziano a prediligere l'otium al negotium, adottando uno stile di vita tipicamente epicureo.



Accanto all'accentramento, Augusto delega alcune funzioni fondamentali a uomini di fiducia, provenienti quasi tutti dal rango equestre: al praefectus urbis assegna il compito di garantire l'ordine a Roma, il praefectus annonae riceve l'incarico di curare l'approvvigionamento della città, il praefectus vigilum si occupa degli incendi, il praefectus praetorio sta invece a capo dei pretoriani, le guardie del corpo dell'imperatore.

"Il gruppo familiare cessa di essere dominatore assoluto, si può dire che viene meno la natura clanica della vita pubblica di Roma e che gli aristocratici stessi iniziano a prediligere l'otium al negotium, adottando uno stile di vita tipicamente epicureo."

La politica economica di Augusto fu praticamente solo monetaria: pur astenendosi dall'intervenire in ambito commerciale, si riservò il potere di coniare moneta d'oro e d'argento, lasciando al Senato il potere di coniare moneta in rame. Distinse aerarium e fiscus, ossia cassa dello Stato e cassa personale, istituì un sistema di scambio che non penalizzasse le classi più deboli; la stabilità politica e monetaria portarono a un periodo di benessere diffuso, tra i contadini, tra i commercianti, gli artigiani, e tra i soldati: le cause del conflitto sociale che aveva travolto Roma negli ultimi decenni erano state rimosse.

Rispetto alla politica estera, l'imperialismo di Augusto non contrastava con la visione della pax, dato che era solo con il dominio mondiale di Roma che la pace poteva essere garantita. Sotto Augusto, l'impero si espande a Nord, conquistando la Rezia, il Norico e la Pannonia, ma anche a Sud, conquistando l'Egitto e completando la conquista del Nord della Spagna. La rete stradale romana è senza ombra di dubbio una delle infrastrutture più efficienti, in un impero che si estendeva per oltre trenta Stati e che circondava il Mediterraneo. Dal punto di vista amministrativo si introduce la distinzione tra province senatorie e province controllate dall'imperatore, ossia tra provinciae populi (pacificate) e provinciae Caesaris (problematiche). Il confronto con i Germani serbò delle sorprese; grazie a un tranello, questi vinsero i Romani a Teutoburgo; la sconfitta segnò il limite dell'impero, che venne a coincidere con il Reno e il Danubio. Si può dire che il fattore che portò alla sconfitta di Teutoburgo fu un problema di integrazione: i Romani davano per scontato che le tribù nomadi dei Germani preferisseno di gran lunga terme, acquedotti, teatri e quanto era tipico nelle città romane; si sbagliavano, e per la prima volta si scontrarono con un relativismo antropologico cui non erano abituati. Fu così che a Oriente, in Armenia, Augusto preferì la soluzione diplomatica.

La scena culturale è totalmente al servizio del potere. Il periodo augusteo coincide con la costruzione del mito imperiale, i temi in voga nella produzione letteraria sono il ritorno alla vita campestre, ai suoi costumi severi e frugali, tipici di una Roma arcaica. Il potere di Augusto non poté non accompagnarsi a un apparato di propaganda potente e articolato. In campo poetico, vi furono Virgilio, Orazio e Ovidio a celebrare - non senza problemi - l'età augustea; in campo storico, furono Tito Livio e Cornelio Tacito a raccontare le sorti gloriose di Roma, non senza nostalgia per il passato e perplessità sul futuro. Quella del piccolo proprietario terriero soldato rimane solo una figura ideale, storica, cancellata dai grandi processi economici legato al latifondo e alla concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi.

Dal punto di vista sociale e familiare, Augusto introdusse alcune riforme tese ad aumentare le nascite e a moralizzare i costumi, promuovendo uno stile di vita frugale e sobrio. Lo scherno si concentrava sui tipi umani anticonformisti, come l' adultera, il debosciato, l'omosessuale, che ricordavano la decadenza di Roma. Augusto arrivò a punire la propria stessa figlia con l'esilio a Ventotene, quando ne furono scoperti le abitudini lascive; allo stesso tempo, le donne delle classi agiate guadagnare un ruolo di protagonismo nella vita culturale e professionale che mai si era visto prima. In un clima di repressione, i giochi erano l'oggetto dell'intrattenimento popolare, si trattava di occasioni brutali, di combattimenti tra gladiatori e animali selvaggi; panem et circenses era l'espressione che sintetizzava la ricetta per tenere sotto controllo il popolo, la plebe. 

In conclusione, si può dire che Augusto dia un esempio di come si configuri il potere quando si trova nella sua ultima fase di espansione, prima di una rivoluzione di paradigma: un controllo politico e della comunicazione capillare, una ferrea morale unilaterale, un espansionismo quasi disperato e l'invito alla distrazione dai contenuti feroci del modo in cui il potere viene agito. Il prezzo da pagare per la sicurezza, per la pax, che può forse confortare quando in una collettività si sedimentano timori per un cambiamento inevitabile, ma che obbliga al sacrificio della libertà.

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