IL TEMPO CHE SCIVOLA

La 27ª edizione della COP si è conclusa senza grandi entusiasmi, benché si sia riusciti a convergere su una decisione insperata, ossia la creazione di un fondo loss & damage per i Paesi in via di sviluppo, che sono i meno responsabili delle immissioni di anidride carbonica nell’atmosfera, ma sono anche quelli che subiscono di più le conseguenze nefaste del cambiamento climatico. La Conference of Parties di quest’anno si è tenuta a Sharm el-Sheikh, sul Mar Rosso in Egitto: proprio quel Mar Rosso che ospita una barriera corallina assediata da ormai quarant’anni dall’attività estrattiva di petrolio; proprio quell’Egitto le cui strade, nell’estate 2021, erano state invase da serpenti scorpioni, fuggiti dagli anfratti urbani per via di un allagamento dovuto a piogge torrenziali. Eventi non sufficienti a creare un senso di urgenza, condiviso tra istituzioni e cittadinanza. 

Le COP sono conferenze annuali che si tengono a partire dalla stipula nel ‘92 della United Nation Framework Convention on Climate Change, e sono l’organo decisionale principale della Convenzione; si affiancano altri comitati di tipo politico, che monitorano l’implementazione degli Accordi di Parigi, di tipo tecnico-scientifico, con funzioni consulenziali, e organi con funzione di osservazione, provenienti da istituzioni e società civile. 

La soddisfazione per gli accordi raggiunti quest'anno non è né ampia né diffusa; secondo Simon Stiell, segretario esecutivo della Convenzione, non si sta facendo abbastanza, e il meccanismo delle COP va cambiato, in quanto possiede ancora delle opacità rispetto alla presenza dei lobbisti (quest’anno erano circa 600 quelli che rappresentavano l’industria fossile) e degli attriti rispetto alla partecipazione della società civile. Già la COP26 si era conclusa con timidezze, esitazioni e una generale insoddisfazione da parte degli attivisti per il clima e degli scienziati, tanto che l'esito del percorso era stato definito "annacquato": le posizioni sulla fine del ricorso al carbone sono state morbide, per via delle pressioni dell'India. La COP25 pure è stata definita un fallimento e un'occasione persa per incidere realmente. In questa infilata di insuccessi negli ultimi anni, si inserisce anche l’invasione russa in Ucraina, che ha modificato gli assetti mondiali in termini di relazioni internazionali, riducendo lo spazio di cooperazione anche in ambito climatico.

L'Italia in quest'ultima COP ha avuto un ruolo del tutto marginale, tanto che il ministro Pichetto Fratin ha lasciato l'Egitto in anticipo rispetto ai suoi colleghi. Sono molti gli italiani e le italiane preoccupati per il cambiamento climatico, come mostrato nella presentazione dell'indagine di SWG: in un insieme di problemi, quello del clima ha il primato delle preoccupazioni, con il 52% delle persone intervistate ritiene sia un problema molto grave. 


Essere testimoni diretti di fenomeni legati al cambiamento climatico modifica le opinioni delle persone (Howe et al., 2019), e in effetti sono tanti i territori italiani colpiti: secondo l’osservatorio nazionale Città Clima, in Lombardia ci sono stati nel 2022 ben 37 eventi estremi, 28 in Sicilia e 27 in Lazio, tra allagamenti da piogge intense, danni al patrimonio storico e alle infrastrutture, trombe d’aria ecc. Proprio l’Italia risulta tra i Paesi più a rischio in Europa, per via di una maggiore vulnerabilità unita a un maggiore rischio di eventi estremi: risulta al 22º posto nella graduatoria dei 180 Paesi al mondo esposti a rischi e perdite economiche secondo l’indice Global Climate Change Risk, ma la recente campagna elettorale italiana ha trattato pochissimo il tema. A livello comunale la spesa per le calamità naturali è enorme: un conto che non viene mai presentato quando si propongono pedemontane, concerti in spiaggia, parcheggi, nuovi centri commerciali.

Le masse glaciali italiane sono aumentate: da 835 che erano negli anni ‘60, sono oggi 903, per via di una progressiva frammentazione dovuta proprio alla perdita di massa. In Italia sono presenti 132 habitat, un vivaio di biodiversità, ma anche questo patrimonio è in dispersione e dissipazione. Secondo Future Cities, che consente di visualizzare su una mappa interattiva le proiezioni di Basin e collaboratori (2019), nel 2050 la temperatura di Milano assomiglierà a quella di Dallas. Ciononostante, secondo il rapporto del Sistema Nazionale di Protezione dell’Ambiente del 2022, in Italia si consumano 2 metri quadri di suolo al secondo; Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna le regioni più voraci. Il cambiamento rapido e inesorabile dei territori ha introdotto una nuova emozione: la solastalgia, il sentimento di minaccia e di perdita del luogo che trova spazio quando al posto dell'attuale paesaggio si prospettano cambiamenti radicali.




Una comunicazione improntata al senso di catastrofe rischia di non sortire gli effetti sperati (Garrard, 2019), perché non consente lo sviluppo di una prospettiva critica ampia e orientata temporalmente; bisogna invece che le analisi di scenario siano presentate il più possibile in modo fruibile anche a livello di non addetti ai lavori, tenendo conto dei bias e delle fallacie di ragionamento dei non-esperti (Richter et al., 2023). 

L'influenza dell'orientamento dei leader politici è in grado di dare forma all'opinione pubblica (Kousser e Tranter, 2018): per questo è necessario che la Politica investa sul domani, che significa investire sulla trasformazione dell’attuale sistema produttivo, che oggi rassicura, ma domani potrà creare enormi problemi. La presente è già l’epoca delle soglie critiche, in cui su diversi valori siamo già al limite e su altri lo abbiamo superato; si corre il rischio di un effetto Lehman climatico: senza protezione contro i rischi, è possibile che le catastrofi naturali inneschino il crollo a catena di più pilastri dell’attuale sistema economico-finanziario, provocando una crisi duratura simile a quella del 2008.

Il tempo del clima è il tempo della Storia: mastodontico, lento, incontrollabile; soprattutto, le epoche non ritornano. Per questo motivo, è necessario operare affinché l'Italia recuperi un ruolo di spicco nel dibattito internazionale sulla sostenibilità e sul cambiamento climatico, partendo dalla valorizzazione delle risorse dei propri territori e habitat, dal prendere decisioni politiche coraggiose in un ambito in cui è possibile vincere dei primati. Una sfida a cui anche la psicologia può contribuire, promuovendo una divulgazione di qualità e percorsi di policy making partecipativi che includano la cittadinanza nel definire il futuro.


Howe, P. D., Marlon, J. R., Mildenberger, M., & Shield, B. S. (2019). How will climate change shape climate opinion?. Environmental Research Letters, 14(11), 113001. DOI 10.1088/1748-9326/ab466a

Garrard, G. (2020). Never too soon, always too late: Reflections on climate temporality. Wiley Interdisciplinary Reviews: Climate Change, 11(1), e605. https://doi.org/10.1002/wcc.605

Richter, I., Gabe-Thomas, E., Queirós, A. M., Sheppard, S. R., & Pahl, S. (2023). Advancing the potential impact of future scenarios by integrating psychological principles. Environmental Science & Policy, 140, 68-79. https://doi.org/10.1016/j.envsci.2022.11.015

Kousser, T., & Tranter, B. (2018). The influence of political leaders on climate change attitudes. Global Environmental Change, 50, 100-109. https://doi.org/10.1016/j.gloenvcha.2018.03.005

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