RAZZISMO DI SISTEMA

Accusare i morti di un naufragio della colpa di essere partiti e di non essere abbastanza responsabili da rimanere a soffrire nel proprio Paese; uccidere a colpi di spranga un ragazzino che ruba una confezione di biscotti; negare una casa in affitto in base alla provenienza: tutti questi eventi hanno una base comune, ed è il razzismo. I contorni del fenomeno sono sfumati, e di conseguenza lo è anche la definizione: non si tratta, infatti, di un costrutto unitario come può esserlo quello di atteggiamento o stereotipo, che sono appunto circoscritti e ben identificabili. Il razzismo è piuttosto un fenomeno di secondo ordine, un sistema di pensiero che si basa su processi come la categorizzazione sociale, include elementi come stereotipi e pregiudizi, va a braccetto con altri fenomeni complessi come la deumanizzazione. Beverly Tatum lo definisce così (1997):

«Il razzismo non è solo l'atto di essere antipatici o crudeli verso qualcuno di diverso da noi. Si tratta di un sistema di potere che conferisce privilegi ai membri di un gruppo razziale specifico attraverso l'uso di un pregiudizio istituzionalizzato, delle leggi e delle norme culturali. Questo sistema di potere è supportato da un'ideologia che sostiene la superiorità del gruppo razziale privilegiato e la deumanizzazione dei gruppi razziali sottoposti alla discriminazione»

La psicologia sociale è in grado di spiegare senz'altro uno degli strati del fenomeno, quello che funge da matrice di pensiero a tutto l’impianto: il fatto che gli esseri umani tendano a istituire confini tra noi e gli altri, ad attribuire caratteristiche ad altri esseri umani a prescindere dalla conoscenza diretta di questi, che percepiscano i membri di un gruppo sociale diverso dal proprio più simili tra loro di quanto non siano effettivamente, e che provino disgusto di fronte a una persona che reputino meno calorosa e meno competente di loro stessi; tutto questo è stato ampiamente studiato dalla psicologia sociale ed è ormai conoscenza consolidata e - in parte - diffusa. Quello che invece le sfugge, è il modo in cui il razzismo diventi parte di un’enorme Teoria di Thomas, ossia di un rapporto circolare tra pensiero e realtà in cui il primo dà forma alla seconda che a sua volta dà forma al primo. 


Il problema è che il razzismo è stato finora affrontato con mezzi rudimentali, improvvisati, tra i quali il primo è stato la negazione, di cui permangono tuttora tracce a livello mediatico. Il risultato del negare l'esistenza del razzismo è stato la nascita di una forma sottile dello stesso fenomeno. Può ancora sembrare strano una società cosmopolita come quella occidentale, più che abituata ad attraversare decine di migliaia di chilometri per visitare luoghi geograficamente e culturalmente lontani, sia segnata dal razzismo; ma persino viaggiare, interagire con chi reputiamo diverso da noi non è sufficiente a comprendere, a incontrarsi fuori di uno spazio di pregiudizio. 

Il razzismo è dunque una cupola di pensiero - e un posizionamento entro un sistema di potere - che ci si porta sempre dietro indipendentemente dalle buone intenzioni. Può sembrare altrettanto strano che tutto ciò accada in un Paese, l’Italia, che è stato ed è attore di migrazioni, dal Meridione al Nord negli anni ‘50, o verso gli Stati Uniti dove - ricordiamolo - per molti statunitensi noi italiani non siamo bianchi, ma neri. Il secondo approccio naïf adottato dalle istituzioni internazionali è stato quello del contatto: secondo questa visione, è sufficiente lasciar convivere gruppi sociali differenti perché questi riducano il livello di pregiudizio reciproco. Si tratta della trasposizione in chiave naïf della tesi di Gordon Allport contenuta in La natura del pregiudizio (1954), ampiamente rivista alla luce delle evidenze empiriche.

Le questioni di interesse psicosociale non si esauriscono 
 al livello dei processi intra- e inter-individuali; un secondo ordine è quello più generale e astratto del senso comune, il cosiddetto livello ideologico di Doise, ossia il livello di funzionamento abitato da teorie, spiegazioni sul mondo, modi di interpretare i fenomeni che prescindono dai singoli, e sono invece patrimonio di alcune collettività. Gramsci definì il senso comune la “filosofia dei non filosofi”, un sistema di spiegazioni e interpretazioni di ciò che accade fondato su categorie radicate nell’esperienza personale, più che su studi eruditi. È così che leggende urbane, ricette, proverbi, rimedi di medicina popolare, detti, voci, gossip, barzellette vengono a costruire visioni del mondo condivise, diventano una base comune su cui fondare le proprie credenze (DiFonzo e Bordia, 2007).

Durante la pandemia è aumentata la circolazione di teorie cospirative, non solo sul SARS-CoV2, ma anche sul 5G e sul Nuovo Ordine Mondiale: di fronte a un fenomeno di dimensioni così grandi, inaspettato, le collettività si attivano per costruire spiegazioni su misura, non troppo distanti dal proprio sistema di credenze iniziale, o comunque più convincenti in base ai propri tratti di personalità. Alcune caratteristiche accomunano i materiali di cui si nutre il senso comune: si tratta di contenuti trasmessi oralmente, che viaggiano in maniera diffusa e pervasiva, dei quali è impossibile trovare l’autore; nascono quindi dalle collettività stesse, che le trasmettono e rielaborano. Non è possibile identificare l’inventore di una barzelletta, o di una ricetta di cucina; chi ha raccontato per la prima volta che dietro i francobolli potesse esserci dell’LSD? Chi ha detto per primo che Elvis in realtà non sia morto, ma sia nascosto su un’isola sperduta? Inoltre, le leggende urbane veicolano valori e visioni sulle relazioni sociali: stare attenti agli sconosciuti perché potrebbero sottrarci un rene, ritenere che un ebreo potente abbia ordito un piano di capovolgimento della cultura mondiale elargendo ricchezze ai partiti politici sono tutte credenze in grado di produrre nuovi posizionamenti tra gruppi sociali e persone. 

Lungo il percorso in cui il razzismo si fa azione e rinforza se stesso, può avvenire una rottura epistemica significativa, esattamente nel punto in chi dal livello del senso comune si slitta a quello della comunicazione politica; in altri termini, quando un politico si impossessa di una voce o leggenda urbana e la fa propria si esce dall’indeterminatezza; il senso comune cessa di funzionare in quanto repertorio svincolato e orizzontale, mentre si viene a circoscrivere un rapporto tra una figura di potere e un’audience, all’interno del quale cambiano le dinamiche.

Se un politico, in un discorso pubblico, nomina teorie cospirative come quella della Grande Sostituzione, o del Piano Kalergi, non sta attingendo in modo innocuo a un bacino di conoscenze condiviso; sta invece mettendo in luce una porzione determinata del senso comune, intrecciando valori, emozioni, credenze in parte pre-esistenti, in parte nuovi; sta sdoganando visioni del mondo. Queste a loro volta aprono canali attraverso i quali viaggiano con più facilità antisemitismo, sessismo e razzismo: un esempio è il modo in cui il discorso razzista delle destre è venuto a rivestirsi di scampoli di discorso cattolico, esibito come collante identitario e farmaco contro la dissoluzione della persona avviata dalle rivoluzioni culturale, sessuale, generazionale del 1968; un processo che, in parallelo, sta avvenendo nel mondo islamico, come riporta Olivier Roy (2017), secondo il quale non sono le religioni a radicalizzarsi, ma i movimenti radicali a ricercare nelle religioni un sistema di riferimenti valoriali già legittimati e consolidati. 

Due costrutti possono risultare utili per cogliere alcuni aspetti del fenomeno. Il primo è quello di istituzionalizzazione, introdotto da Berger e Luckmann nel 1966 nel loro testo celebre La realtà come costruzione sociale, che indica un passaggio all’interno del ciclo dialettico che mette in relazione la realtà oggettiva con quella soggettiva. In particolare, al passaggio dell’istituzionalizzazione corrisponde l’oggettivazione e la messa a sistema di un contenuto di conoscenza, a partire da una sua socializzazione, con effetto di legittimazione. Portare nel discorso politico una teoria cospirativa, dunque, equivale secondo questo modello a dargli uno statuto di dignità e di oggettività, che avranno poi una ricaduta su successive interiorizzazioni. Il secondo è quello della finestra di Overtonintrodotto da Joseph Overton come spiegazione del perché in politica ciò che era inaccettabile ieri può diventare accettabile oggi. Donald Trump è un esempio di come sia possibile, attraverso il ricorso a teorie cospirative e fake news, spostare la finestra di Overton rendendo popolare ciò che poco tempo prima era considerato troppo radicale, come nel caso della posizione del Partito Repubblicano sulle migrazioni, scivolata verso estremità mai toccate prima. 

Dal momento in cui una teoria cospirativa viene a fondarsi come post-verità, è possibile che si attivino dinamiche sociali inedite, in quanto diversi gruppi sociali si troveranno a fondare le proprie conoscenze su sistemi alternativi di realtà (McDermott, 2019). Come afferma Niccolò Bertuzzi (2021), benché i filoni di studio delle teorie cospirative e dei movimenti sociali storicamente non si siano mai intrecciati, esistono delle sovrapposizioni possibili: come dimostrato dall’assalto del Campidoglio o nella esplicito impegno nell’azione collettiva, volta a generare un mondo migliore o comunque alternativo. Esiste dunque un’interfaccia tra il livello generale di voci e teorie cospirative e gruppi sociali reali, per cui la dimensione del senso comune viene a incarnarsi in persone, volti e azioni reali, non già informati da bias di pensiero, ma da vere e proprie identità sociali che agiscono (e lottano) per la propria autoaffermazione (Sternisko, Cichocka e Bavel, 2020); si consideri il caso 
 del Partito Nazionalsocialista Italiano dei Lavoratori, sgominato nel 2019, o quello di Alba Dorata, riconosciuto dal tribunale di Atene nel 2020 come organizzazione criminale, in seguito all’omicidio del rapper e attivista Pavlos Fyssas.

Il problema insito in voci e teorie cospirative è che, una volta passate attraverso il discorso politico, possono diventare movimento; e che, una volta diventate movimento, spostano l’asse dell’equilibrio di ciò che può essere considerato accettabile o meno a livello sociale. Una volta legittimato e consolidato, e dopo che ha ispirato azioni collettive, si può assistere a una derivazione del razzismo in azioni su scala locale o individuale: si arriva quindi alla scelta politica dei Comuni di Rovato e Pontoglio, nel Bresciano, che applicano dal 2015 una maggiorazione rispettivamente del 624 e del 212% ai costi per le pratiche di ricongiungimento familiare, o nel 2020 a Lodi, quando l’allora sindaco vietò l’accesso ai figli dei migranti alla mensa scolastica; l’agire istituzionale e quello delle mobilitazioni razziste arrivano ad accostarsi pericolosamente l’uno all’altro, arrivano ad assomigliarsi.

 Si arriva anche al punto in cui il senso comune razzista può armare le persone, e spingerle considerare giustificata la violenza, come successo nel caso di Marco e Gabriele Bianchi, che dopo un curriculum di pestaggi di migranti sono arrivati a uccidere a pugni Willy Monteiro Duarte. Il nuovo senso comune può incarnarsi in un assessore della Bassa Padana che spara a sangue freddo a un disturbatore egiziano con problemi di salute mentale, o in un agente di polizia che soffoca un malcapitato accusato da un commerciante di aver pagato con una banconota contraffatta, o ancora in un atto vandalico rivolto contro un monumento dedicato ai deportati a Dachau o contro un’opera d’arte per la Shoah

In conclusione, il razzismo in quanto atteggiamento fornisce una rappresentazione statica del problema: tutti apparteniamo a uno stesso sistema di pensiero, improntato a livelli più o meno elevati di razzismo; alcuni gruppi sociali esprimono livelli più elevati di altri. Per cogliere la dinamica attraverso cui il razzismo, in quanto sistema di credenze, valori, relazioni di potere, si diffonde e si radica, è necessario ampliare il range dei costrutti e dei modelli: teorie cospirative, voci, Teoria di Thomas, i concetti di istituzionalizzazione e legittimazione, finestra di Overton forniscono una visione complessiva della dinamica sociale che rinforza e allarga il razzismo in quanto caratteristica del senso comune. In questo senso, i dati sui discorsi d’odio online, su social media come Twitter o Facebook sono preoccupanti, non tanto in sé, ma in quanto diagnostici di un cambiamento nel senso comune: rivelano la proliferazione nel senso comune di figure in grado di rompere un patto sociale, infondendo sfiducia, sospetto, disgusto e paura inducendo al ritiro della solidarietà e dell’ospitalità: lo straniero che urina all’aperto, che inganna le donne italiane, che sottrae risorse di welfare, che stupra e delinque, sono tutti memi, atomi culturali, figure capaci di informare gli atteggiamenti e l’azione, e la loro legittimazione politica conferisce un lasciapassare. Su larga scala, simili contenuti stanno portando a un problema di legittimità degli stessi sistemi democratici e di acquisizioni cruciali per l’Occidente quali i diritti umani.

Da un punto di vista politico, il progressismo si sta mostrando incapace di proporre un’alternativa al razzismo politicizzato; personaggi appartenenti a quest’ala riescono al massimo a far galleggiare qualche contenuto a livello di proposte culturali o a favor di social media, o di riflessione esclusiva, attorno alle quali sembra però impossibile raccogliere energie e persone sufficienti per trasformarle in opzioni politiche; anche questa assenza diviene involontariamente, ma inevitabilmente, una presa di posizione. Personalità come Gino Strada sono state antenne in grado di cogliere e segnalare il senso del cambiamento in corso, ma il loro messaggio è stato assunto come feticcio. 

Tatum, B. D. (1997). "Why are all the black kids sitting together in the cafeteria?" Basic Books/Hachette Book Group.

Allport, G. W. (1954). The nature of prejudice. Addison-Wesley. 

DiFonzo, N., & Bordia, P. (2007). Rumor, gossip and urban legends. Diogenes, 54(1), 19-35. https://doi.org/10.1177/0392192107073433

Roy, O. (2017). Jihad and death: The global appeal of Islamic State. Oxford University Press.

McDermott, R. (2019). Psychological Underpinnings of Post-Truth in Political Beliefs. PS: Political Science & Politics, 52(2), 218-222. doi:10.1017/S104909651800207X

Bertuzzi, N. (2021).  Conspiracy theories and social movements studies: A research agendaSociology Compass, e12945. https://doi.org/10.1111/soc4.12945

Sternisko, A., Cichocka, A., & Van Bavel, J. J. (2020). The dark side of social movements: social identity, non-conformity, and the lure of conspiracy theories. Current opinion in psychology35, 1–6. https://doi.org/10.1016/j.copsyc.2020.02.007

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