IL PENDOLO EUROPEO

Nel 2021 veniva affossato il disegno di legge contro l’omolesbobitransfobia, misoginia e abilismo, approvato alla Camera a settembre dello stesso anno, attraverso uno stratagemma parlamentare denominato evocativamente "tagliola"; la vittoria politica dello schieramento di destra viene festeggiato con un applauso che ancora oggi risuona come una ferita nella memoria collettiva di molte persone LGBT+. Da allora sono aumentati i commenti di carattere omofobico sui social media, così come evidenziato da Vox Diritti, che monitora l'andamento su Twitter; gli stessi erano diminuiti dopo l'introduzione delle Unioni Civili nel 2016. La domanda che scaturisce da questo passaggio è: esistono connessioni tra politiche e senso comune? 

Le connessioni tra politiche e senso comune si sviluppa in almeno due direzioni, la prima delle quali è l'influenza che il senso comune esercita sulle politiche: un decisore politico proviene tendenzialmente dallo stesso humus culturale della popolazione, per cui esiste continuità tra le idee, i valori, le credenze, le parole-chiave, gli argomenti. Questa prima direttrice potrebbe essere chiamata rappresentatività, uno dei principi su cui si sorreggono le democrazie rappresentative. Secondo la European Social Survey, nel 2020 in Italia solo il 29.7% riteneva che le persone gay e lesbiche avessero tutto il diritto di vivere liberamente (per avere un riferimento: in Belgio la percentuale sale a 66.9%); questo dato da solo può dare un suggerimento sul perché l'attuale Governo stia restringendo lo spazio dei diritti LGBT+. 

Un secondo vettore di influenza va invece dal discorso politico al senso comune: una direttrice che può essere indicata come responsabilità. Quando un argomento viene legittimato e diventa discorso politico, il senso comune cambia. Un cambiamento invisibile, ma estremamente rilevante è lo spostamento all'interno della finestra di Overton, che definisce cosa di volta in volta per l'opinione pubblica è considerato accettabile, cosa sensato, cosa invece radicale ed eccessivo. 

Vale la pena fermarsi su quest’ultimo passaggio. Se un politico desiderasse far passare una riforma agricola che elimini totalmente le emissioni climalteranti, avrebbe di fronte a sé due possibilità: potrebbe presentare i termini della riforma pubblicamente, confrontandosi poi con le reazioni dei corpi intermedi e degli organi di stampa. Verosimilmente, di fronte a una proposta così impattante, le reazioni potrebbero essere ostili da più parti: sindacati, associazioni di categoria, media e, non ultima, l’opinione pubblica. 

Nella democrazia 4.0, un politico adotterebbe una tattica differente: aspetterebbe che qualcuno la sparasse grossa, facendo pubblicamente un’affermazione giudicata radicale del tipo “Per fermare le emissioni entro il 2030 diventeremo tutti vegani”. Per il senso comune, non è importante il valore di verità del collegamento tra cause ed effetti, ma il valore sociale che esprime il concentrarsi su una determinata causa: si avrebbe dunque una grande e diffusa indignazione, si parlerebbe ovunque di quanto sia dispotico condizionare le scelte alimentari, ci si spenderebbe senza mezzi termini con odio verso qualcosa che sembri, nella finestra di Overton, così radicale ed estremo. A questo punto, si avrebbe un nuovo contesto in cui presentare la riforma agraria, che potrebbe quindi essere accettata con meno rumore.



Stando a questa proposta, affermare pubblicamente “Se avessi un figlio gay non sarei contento ma non lo posso ammazzare" come ha fatto un Sindaco del Riminese, immancabilmente contribuisce a creare un contesto che renda più accettabile l'idea la sola famiglia degna di considerazione sia quella composta da un uomo e una donna. Del resto, l'incipit del report del gruppo di lavoro sull'odio online istituito nel 2021 dal Ministero dell'Innovazione recita "Gli esseri umani sono liberi di provare sentimenti. L’odio è uno di questi. È una libertà inalienabile". Libertà inalienabile quindi di affermare che "non possiamo decidere di chi innamorarci se è un uomo o una donna… nn sto dicendo che questo fa schifo, ma sto solo dicendo che è CONTRO NATURA", e "che schifo i froci", "che merda la community LGBT" e "culattoni bastardi", "fuoco sui gay pride", "gay al rogo" ecc. ecc., come riporta il profilo Instagram commentiomofobi

È possibile che la moltitudine di discorsi omofobici condotti a livello istituzionale, lungo la direttrice della responsabilità, stia generando un clima di ritiro dell’accettazione della diversity; è quanto affermano Dotti Sani e Quaranta in uno studio sulle determinanti dell’attegiamento verso la libertà di espressione, il matrimonio egualitario e l’adozione: più che variabili individuali, risulta influente l’orientamento nazionale in termini di politiche. Secondo la Fundamental Rights Agency dell'Unione Europea il 62% delle persone in Italia evita spesso o sempre di tenere la mano del partner in pubblico; come evidenzia il Progetto Omofobia.org, da inizio anno a oggi sono state denunciate 7 aggressioni, 3 aggressioni plurime e 10 atti non fisici, numeri che risentono chiaramente di una sottostima in quanto non tutte le vittime di atti omofobici li denunciano. Una persona su cinque, in base ai dati UNAR-IStat, ritiene che il proprio orientamento sessuale l’abbia svantaggiata nel corso della vita lavorativa in termini di avanzamenti di carriera e crescita professionale, riconoscimento e apprezzamento delle proprie capacità professionali.

Di recente è stata pubblicata la Rainbow Map di ILGA-Europe, che stila una graduatoria degli Stati europei in base al tipo di politiche adottate  a favore dell’inclusione di persone LGBT+. L’Italia si colloca al 34º posto in Europa; considerando che si adotta una definizione estensiva di Europa, che include anche i Paesi che gravitano nell’orbita dell’ex Unione Sovietica, l’Italia è trentaquattresima su 49 Paesi, superata dall’Ungheria di Orbàn (che si qualifica non proprio come un Paese accogliente). 

Lo studio divide le politiche adottate dai diversi Paesi in alcune aree. La prima è Equity & non-discrimination, dove l’Italia adotta due misure su 25 possibili: si tratta in particolare di una legge che inserisce esplicitamente l’orientamento di genere come criterio di possibile discriminazione lavorativa e introduce un correttivo (Dlgs 216/2003, che attua una direttiva europea)., e di un decreto del Ministero della Salute del 2001 che elimina l’orientamento sessuale omosessuale come causa di esclusione dalle donazioni di sangue. 

Nell’area Family in Italia esiste solo una legge, quella sulle Unioni Civili, su 11 possibili. Nel caso di Hate crime & hate speech si è persa l’occasione data dal ddl Zan, per cui l’Italia non adotta attualmente nessuna misura, tra le 8 possibili, che protegga le persone LGBT+ dall’odio, online ma anche fisico. Per quanto riguarda invece l’area Legal gender recognition, il risultato è un sorprendente 7 misure su 14 possibili; in Italia il dibattito sui diritti della popolaziome transgender e intersex è nato nell’82, e risente di un’epoca di fermento culturale in cui i valori diffusi sono stati, per un lasso di tempo, in linea con il diritto all’autodeterminazione; nulla esiste invece per la popolazione intersex. 

Anche l’area Civil society space riporta un buon punteggio, con sei misure su sei attualmente adottate: significa che non vengono adottate misure di censura verso eventi quali l’LGBT+ Pride e che attivisti e attiviste non sono a rischio; tuttavia, questo non significa necessariamente un appoggio istituzionale, come dimostra il fatto che ogni anno solo alcune istituzioni locali appoggiano i cortei per l’orgoglio. Nell’area Asylum, infine, vengono adottate solo due misure su sei possibili. 

Nel 2019 Mattarella era intervenuto proprio in occasione dell'IDAHOT per ricordare come quella giornata fosse un "occasione per riaffermare il principio di uguaglianza". Questo tipo di affermazioni non devono essere lette solo in riferimento al contesto interno, ma anche al panorama internazionale. Al momento, le mappe che rappresentano opinioni e atteggiamenti in Italia mostrano un posizionamento peculiare nel panorama europeo, che potrebbe essere definito come pendolo: il senso comune italiano non sembra né totalmente occidentale né orientale, ma oscilla tra differenti polarizzazioni. In alcuni studi l’Italia sembra appartenere al cluster dei Paesi europei tradizionalisti, che includono anche quelli dell’Est (Yerkes, Dotti Sani e Solera, 2018); in altri si colloca tra i Paesi occidentali, ad esempio nel concepire la cultura comune e non l’etnia come base per la definizione della cittadinanza (Ariely, 2013). 

La cultura dei diritti umani (da cui discendono i diritti civili) è scivolata dall’essere considerata un patrimonio mondiale dall’essere considerato un patrimonio storico dell’Occidente, rispetto al quale il pendolo italiano potrebbe operare scelte di arretramento. La domanda che non torva risposta è quale altro sistema di tutela esista per le differenze intrinseche a una popolazione. È una domanda che guarda, senza retorica, al futuro e al modello di società che si vuole porre in essere. 

Dotti Sani, G.M., Quaranta, M. (2020). Let Them Be, Not Adopt: General Attitudes Towards Gays and Lesbians and Specific Attitudes Towards Adoption by Same-Sex Couples in 22 European Countries. Soc Indic Res 150, 351–373. https://doi.org/10.1007/s11205-020-02291-1

Mara A. Yerkes, Giulia Maria Dotti Sani & Cristina Solera (2018) Attitudes Toward Parenthood, Partnership, and Social Rights for Diverse Families: Evidence From a Pilot Study in Five Countries, Journal of Homosexuality, 65:1, 80-99, DOI: 10.1080/00918369.2017.1310507

Gal Ariely (2013) Nationhood across Europe: The Civic–Ethnic Framework and the Distinction between Western and Eastern Europe, Perspectives on European Politics and Society, 14:1, 123-143, DOI: 10.1080/15705854.2012.732391


Popular Posts