L'occasione mancata della territorializzazione
Qual è la reale entità dei bisogni psicologici della popolazione?
Già il nome, Rapporto sulla salute mentale, è fuorviante: infatti, il rapporto stilato annualmente dal Ministero della Salute non costruisce una rappresentazione della salute mentale della popolazione italiana, bensì fotografa lo stato in cui viene a trovarsi quella parte di cittadinanza che, dopo anni di percorsi tortuosi, vicoli ciechi o anche proprio assenza totale di risposte, riesce a farsi prendere in carico dal sistema pubblico.
Stando al rapporto: da prevalenza di cittadinɛ in carico ai servizi specialistici sono circa 850mila, circa 170 per ogni 10mila abitanti (con importanti variazioni a livello regionale: sono poco meno di 110 nelle Marche, poco più di 325 in Liguria); l'incidenza delle nuove prese in carico è stata nel 2023 di circa 270mila, circa 54 per ogni 10mila abitanti (anche qui con forti variazioni tra Regioni: poco meno di 22 nelle Marche, 111 in Calabria). La popolazione assistita è prevalentemente femminile (54.5%), ed è concentrata nella fascia d'età tra i 45 e i 64 anni. A livello di diagnosi, le principali sono di depressione e di schizofrenia/psicosi funzionali, con una forte connotazione di genere.
Se si considera il rapporto OsMed 2023 sul consumo di farmaci pubblicato dall'AIFA risulta che il 7.9% della spesa farmaceutica pubblica riguarda farmaci ad azione sul Sistema Nervoso Centrale, con una spesa pro capite di quasi 35 € a persona. In particolare, il rapporto evidenzia un aumento del consumo di ansiolitici e antidepressivi, confermando un trend al rialzo già evidenziato negli scorsi anni. Una parte consistente della popolazione riceve trattamenti farmacologici senza essere intercettata dai servizi pubblici di salute mentale; le persone che arrivano a consumare farmaci sono una percentuale di quelle che hanno sperimentato stati di malessere psicologico. L'entità della domanda di salute mentale è quindi necessariamente maggiore.
La sorveglianza PASSI dell'Istituto Superiore di Sanità evidenzia una prevalenza di sintomi di depressione nel 2023 di circa il 5.9% (circa 3 milioni e mezzo di persone), e una media di 16 giorni in cattiva salute psichica tra le persone con depressione. Nella revisione sistematica di Caldarelli e colleghɛ (2024) sulla popolazione dellɛ studentɛ universitariɛ, emerge che i sintomi depressivi possono essere riscontrati in una forbice che varia tra il 9 e il 30% della popolazione, con picchi di quasi il 49% in alcuni studi; i sintomi ansiosi variano tra l'11 e il 36%. Lo studio di Sacco et al. (2024) sulla salute mentale dellɛ bambinɛ e dellɛ adolescenti in Europa riporta che i disturbi d'ansia possono essere riscontrati in circa l'8% della popolazione, disturbi depressivi nell'1.7% (soprattutto tra adolescenti).
Come sono organizzate le risposte ai bisogni psicologici?
In altri termini, il Rapporto sulla Salute Mentale del Ministero mostra fino da che punto la sanità pubblica inizia a entrare in gioco nel farsi carico della salute mentale dellɛ cittadinɛ, evidenziando che tutto ciò che accade prima è di fatto considerato una questione privata; in tutti i sensi. Nel pubblico sono presenti circa 1250 servizi territoriali, poco più di 1800 strutture residenziali e circa 900 strutture semiresidenziali; al loro interno, la salute mentale è intesa come questione meramente medica, e a dimostrarlo c'è il fatto che il personale predominante è infermieristico (circa 42%), seguiti da medici (17%) e solo in ultimo psicologhɛ (circa il 7%).
Non dimentichiamo un fatto, ossia che in Italia il numero di psicologhɛ è particolarmente elevato rispetto ad altri Paesi europei. Stando alla European Federation of Psychologists' Associations (EFPA), in Europa sono presenti oltre 350mila psicologhɛ, mentre in Italia il totale si avvicina a 120mila; significa che circa un terzo dellɛ psicologhɛ è concentrato in un singolo Paese, senza che i dati epidemiologici giustifichino una tale concentrazione, che porta a quasi unǝ psicologǝ ogni 500 cittadinɛ. Se si considera che meno di 6mila hanno un contratto nel settore pubblico, si può dire che l'offerta psicologica sia evidentemente concentrata nel mercato privato.
Unica risorsa messa a disposizione per facilitare l'accesso al mercato privato di servizi di presa in carico psicologica è attualmente il bonus psicologico; anche in questo caso il nome è fuorviante, in quanto si tratta di un contributo economico per sostenere percorsi di psicoterapia (che quindi tralascia tutto ciò che è sostegno psicologico), tarato su fasce ISEE ed erogato dall'INPS. Per l'anno 2023 sono stati stanziati 10 milioni di euro; considerando l'importo minimo di 500 € a persona, i fondi disponibili bastano per al massimo 20mila persone. Stando ai dati disponibili, la misura non è riuscita ad arrivare a coprire il 2% delle domande pervenute, ossia 3325 richieste.
Esistono esperienze di offerta psicologica organizzata?
Il bisogno psicologico della popolazione in questo momento è dunque affidato a forme di autogestione, nel senso che viene lasciato alle persone trovare le risposte giuste, nel mercato privato, e al mercato privato stesso organizzare percorsi, invii, diagnosi, approfondimenti. In tal senso, è possibile citare due esperienze interessanti, che hanno cercato di introdurre sistemi di governance dell'offerta di servizi psicologici articolando pubblico, privato e privato sociale, nonché organizzando le risposte in base all'entità del bisogno dellǝ cittadinǝ.
Il primo è la psicologia di quartiere. Nata nel 2019 come iniziativa dell'Ordine degli Psicologi della Lombardia e sperimentata nella città di Milano, si è sviluppata tramite la diffusione di sportelli di orientamento all'offerta psicologica dei territori grazie al lavoro di nove psicologhɛ in ciascuno dei nove Municipi. Costata intorno ai 20mila euro (circa 60 € per ogni cittadinǝ), ha visto nel periodo tra giugno e novembre del 2019 una media di 36 accessi per ogni Municipio. La stessa iniziativa è stata realizzata poi dall'Ambito Territoriale Sociale di Bergamo tra luglio e dicembre del 2020, in pieno periodo pandemico, nel tentativo di arginare l'ondata di malessere diffuso tramite un sistema di smistamento esperto. Attualmente lo sportello viene mantenuto dal Municipio 2 di Milano, e ne è stato realizzato uno simile dall'Ordine degli Psicologi del Veneto in collaborazione con il Comune di Treviso. Inspiegabilmente, l'Ordine della Lombardia ha abbandonato l'accompagnamento metodologico e la supervisione scientifica dell'iniziativa, nonostante i numeri più che promettenti.
Il secondo è il progetto Vivere Meglio, pensato dall'Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza Psicologi (ENPAP); il modello organizzativo che sta dietro all'iniziativa ha lavorato in termini di infrastrutturazione dei processi a cavallo tra l'analisi della domanda e la presa in carico, orientando lɛ cittadinɛ a un sistema di risposte di intensità diversa, coerentemente con l'entità del bisogno psicologico portato. Uno degli assunti del modello di Vivere Meglio è che il principio della massima risposta possibile (psicoterapia per tuttɛ) è foriero di sprechi economici importanti, mentre è sufficiente agganciare il bisogno psicologico a una risposta proporzionata: psicoeducazione in caso di sintomi assenti o molto lievi, supporto psicologico in caso di sintomi moderati, psicoterapia in caso di sintomi più importanti e complessi.
La spinta maggiore a organizzare l'offerta psicologica territoriale nel mercato privato e a lavorare su tutto quel bisogno di benessere espresso (o non ancora espresso) dalla popolazione prima di arrivare a un servizio pubblico giunge attualmente dalla costituzione delle Case di Comunità. L'implementazione del dispositivo organizzativo, introdotto ormai non più così di recente, sta incontrando non pochi ostacoli, anche e soprattutto per la difficoltà del mondo della psicologia a pensarsi in quanto sistema. Sembra che l'apertura di questi nuovi spazi, che sono spazi non solo in senso architettonico, ma anche nel senso delle possibilità di realizzazione e di innovazione, si stia scontrando con l'emergere di tutte quelle linee di faglia che piuttosto rigidamente hanno connotato l'evoluzione della psicologia italiana.
Come si colloca la psicologia nelle Case di Comunità?
È inspiegabile e ingiustificabile il fatto che i bandi per il reclutamento dellɛ psicologhɛ che opereranno nelle Case di Comunità richiedano una specializzazione in psicoterapia, visto che non saranno erogati percorsi di psicoterapia. È inspiegabile il motivo per cui nelle Case di Comunità possano operare infermierɛ di comunità e non psicologhɛ di comunità. Non è altresì comprensibile perché il dibattito sui contributi possibili di psicologia della salute, psicologia delle organizzazioni e psicologia di comunità sia intenso e interessante sulle riviste di settore, ma non riesca ad avere alcuna ricaduta nella forma concreta che il servizio di psicologia delle cure primarie assume.
L'impressione è che nello iato tra la proposta di legge e l'implementazione non si siano venuti a costruire quelle reti inter-organizzative vitali e dialettiche, ma centri di potere solidi e blindati che - con una certa fretta - hanno riprodotto in tutti i contesti decisionali la gerarchia disciplinare che abita la psicologia, e che vede il primato delle specializzazioni (anch'esse interamente private) in psicoterapia su ogni altra articolazione dei saperi psicologici. Così sarà chi ha competenza nell'interpretazione dei sogni o nelle procedure di desensibilizzazione ad allestire percorsi partecipativi di analisi del bisogno territoriale, a facilitare reti integrate di servizi formali e informali, a stimolare la co-produzione di azioni congiunte nel campo della prevenzione primaria ecc.
Insomma, la salute mentale è un affare privato; ma non lo è solo perché lo stigma impedisce l'emergere dei bisogni psicologici nella loro reale entità, né perché la maggior parte dell'offerta è demandata al mercato: è un affare privato perché l'innovazione insita nella territorializzazione dei servizi sembra stia tenendo al centro i bisogni di carriera di una categoria professionale che - concentrata com'è nel campo della libera professione - avrebbe altrimenti poche occasioni di avanzamento, dimenticando il fatto che la cittadinanza avrebbe diritto alla migliore offerta possibile, ossia di un'offerta bene organizzata e coordinata in modo equo.