PER SENSIBILITÀ È MEGLIO NON GENERALIZZARE

Il seguente contributo fa parte del Progetto di Ricerca Valutativa Fatti di Vita, promosso dalla Comunità Airone Onlus.


Quando si tratta di caratterizzare il fenomeno dell'abuso di sostanze è difficile trovare dati epidemiologici su quanti siano i soggetti dell'abuso in totale, quanti nuovi ogni anno, come si distribuiscano per il territorio nazionale; assai invece diffuse sono pubblicazioni, sia cartacee che - soprattutto - su web, che riportano informazioni di carattere clinico, riguardanti
gli effetti e le caratteristiche delle sostanze più in uso, giornalistico, in particolare ultimamente con la revisione da parte della Corte Costituzionale della legge 49 del 2006 detta legge Fini-Giovanardi, sociale, circa le politiche territoriali di prevenzione; poche invece sono le fonti che rendano disponibili numeri, molto probabilmente per le difficoltà intrinseche del loro reperimento. I dati sull'abuso di alcol e droghe sono frammentari, sia perché vengono ricavati indirettamente da altre nicchie informative (riguardanti, ad esempio, sieropositività, ospedalizzazione, criminalità) sia perché provengono da fonti per lo più locali; una plausibile spiegazione sta nel fatto che è difficile condurre un'indagine campionaria su un tema così sensibile, dove è facile che i soggetti mentano sui reali consumi di sostanze, ancora più difficile - se non impossibile - è una survey estesa a tutta la popolazione nazionale che abbia come fine principale proprio la rilevazione di usi e abusi.

Un argomento sensibile è quello che potremmo altrimenti definire "privato", ovvero inerente la sfera intima e non pubblica della persona. Toureangeau e Yan1 distinguono due tipi di sensibilità, ciascuna causa di un problema differente in sede di ricerca: l'intrusività, che consiste in una minaccia alla disponibilità da parte dei soggetti ad aprirsi (self-disclosure) poiché causa il timore di possibili ripercussioni (è il caso di indagini su droga e criminalità), e la sensibilità vera e propria, che invece tocca il desiderio di ognuno di conservare una buona immagine di sé (social desiderability) e provoca imbarazzo e disagio (è il caso di ricerche su aborto e sessualità). La menzogna in una ricerca può consistere nel sovra- o sotto-riportare il comportamento indagato, se non addirittura nell'evitare di rispondere del tutto (il che, in termini metodologici, per alcuni versi è meglio), con il risultato che l'intero lavoro ne risulta compromesso.

Scendendo nel dettaglio, un campione può dirsi rappresentativo dell'intera popolazione quando i parametri stimati sono vicini a quelli effettivi; idealmente è come dire che se una rilevazione campionaria e un censimento a copertura totale danno gli stessi risultati, o comunque molto simili, allora il campione rappresenta bene la totalità della popolazione. L'errore standard, ovvero la media della variabile Differenze tra la media campionaria e il parametro nell'universo statistico, sarà pari alla deviazione standard della variabile diviso per la radice quadrata numerosità del campione: quindi, di solito, maggiore è il campione, minore sarà l'errore standard2:



Nel caso però di risposte mancanti o aggiustate per risultare accettabili, a essere colpita è proprio il valore della deviazione standard, al numeratore; in un caso del genere non c'è però numerosità che tenga: una mezza verità, sia essa su larga o piccola scala, in statistica rimane sempre una verità a metà.

Quello della sensibilità dell'argomento è quindi un problema da trattare con attenzione nella progettazione di una ricerca, primariamente in fase di stesura delle domande: un modo efficace per ridurre notevolmente la carica emotiva, che è una possibile fonte di distorsione3 nelle risposte domande intrusive, è di servirsi di questionari su web1, poiché in un ambiente virtuale i soggetti tendono a percepirsi spontaneamente anonimi, sentendo meno su di sé il peso dello sguardo dell'Altro4. Secondariamente, bisogna stare attenti in fase di campionamento. Se si tratta di un'indagine su tutta la popolazione italiana, andrà bene una delle procedure di campionamento classiche (casuale, stratificato...), ma se si vogliono conoscere comportamenti, abitudini e opinioni di una popolazione marginale, quale quella dei tossicodipendenti è, sarà meglio ricorrere al campionamento a valanga5: consiste nel contattare un primo nucleo di soggetti che si sa di per certo essere disponibili a collaborare, per poi chiedere loro di fare da accompagnatori o sonde per il reperimento degli altri soggetti del loro stesso gruppo; è un metodo però più adatto alle ricerche qualitative, poiché permette sì di accedere alle informazioni di una specifica popolazione (che, in quanto specifica, non potrà che essere rappresentativa solo di se stessa), ma non risponde ai rigidi criteri del sampling quantitativo.

La frammentarietà e la località dei dati, ad ogni modo, non devono essere lette solo con gli occhi del ricercatore che vede in essa due problemi di raccolta; possiamo invece considerarle come caratteristiche strutturali del fenomeno in sé, che quindi denomineremo "consumi e abusi di sostanze", sottolineandone la natura plurale: non esiste una sola forma di abuso, poiché tanti sono gli attori coinvolti, ciascuno diverso dall'altro per carattere, storia, provenienza, e ognuno ha un proprio motivo e un proprio modo di consumare o abusare di sostanze. Se si parla di droghe e alcol è meglio dunque non generalizzare mai. [Continua]

Armando Toscano



Fonti

1. TOURANGEAU, R., YAN, T. [2007], Sensitive Questions in Surveys, in Psychological Bullettin, Vol. 133, No. 5, pp. 859-883, ed. US: American Psychological Association. 

2. DE CARLO, N., ROBUSTO, E. [1996], Teoria e Tecniche di Campionamento nelle Scienze Sociali, pp. 17-22, ed. IT: Edizioni Universitarie di Lettere Economia Diritto. 

3. ZAMMUNER, V. L. [1998], Tecniche dell'Intervista e del Questionario, pp. 139-147, ed. IT: Il Mulino. 

4. WALLACE, P. [2000], La Psicologia di Internet, ed. IT: Raffaello Cortina. 
CORBETTA, P. [2003], La Ricerca Sociale: Metodologia e Tecniche - Vol. III L'Intervista Qualitativa, pp. 405-411, ed. IT: Il Mulino.  

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