POLITICAMENTE CORRETTO, METODOLOGICAMENTE INECCEPIBILE

Lewin, nella sua produzione fascicolare di scritti, formulò una frase che - non ne era forse consapevole - fu così potente da rimanere incisa nella memoria collettiva della Psicologia Sociale: 

"If you truly want to understand something, try to change it". 

Se desideri davvero comprendere qualcosa, prova a cambiarlo: bella, bella sul serio.

Ma quali sono i riferimenti impliciti di questo enunciato che, pur nella sua semplicità, risulta così complesso se collocato in uno scenario operativo? Non c'è problema: per comprendere ciò che Lewin voleva dire davvero è sufficiente seguire il suo consiglio, e provare quindi a cambiare la sua frase.
Variazione #1
If you truly want to understand something, just observe it.

L'osservazione è una pratica umana quotidiana, e come molte altre pratiche umane quotidiane non è affatto banale; innanzitutto perché l'osservazione nasce sempre da una curiosità, a differenza della visione che è invece una funzione inevitabile (tanto che nemmeno quando si è privi della vista la visione è davvero compromessa), l'osservazione è uno sguardo che interroga il mondo e lo critica, assegnando alle cose un valore.

Tuttavia, se proviamo a mettere nella mia stanza cinque o sei persone, tutte consapevoli di aver osservato bene, e di conseguenza (prendendo per buona la Variazione #1) compreso bene, non otterremo facilmente una convergenza né su cosa abbiano osservato né tantomeno su cosa abbiano compreso. E questo non perché tutti abbiano sbagliato od osservato in modo incompleto, ma per il semplice motivo che l'osservazione è orizzontale, si sofferma su ciò che si ha davanti agli occhi e lo segmenta, lo categorizza, ma senza avere la possibilità di andare in profondità. Questa caratteristica, e bene lo sanno gli antropologi, è in realtà la risorsa dell'osservazione quando viene assurta a metodo di ricerca. Inoltre la mancanza di profondità non comporta automaticamente l'assenza di una traiettoria verticale, analitica nell'osservazione; piuttosto questa si realizza più sul versante del soggetto-ricercatore, e nella sua assegnazione di un valore alle categorie osservate, più di quanto invece non sia possibile approfondire la conoscenza dell'oggetto di studio. Consideriamo, inoltre, che per di più esistono ambiti disciplinari, come l'Etologia, in cui il metodo osservativo si sviluppa recidendo anche quell'unica componente verticale, nell'ideale - difficile - di raggiungere l'obiettività piena e la totale assenza di giudizio.

Allora concludiamo dicendo che la sola osservazione, per quanto acuto possa essere lo sguardo del ricercatore, non basta a comprendere davvero; senz'altro predispone categorie importanti e pone il problema critico della distanza dall'oggetto, ma non risolve. Non è un caso che nel metodo sperimentale galileiano l'osservazione sia presente, ma in quanto momento di avvio di un procedimento più ampio.



Variazione #2

If you truly want to understand something, study it.

E con questa seconda variazione intendiamo omaggiare un modo di procedere, quello teoretico, che è tipico della Matematica.

Qualcuno definisce la Matematica "scienza", nel senso ancora aristotelico di επιστημ
η, ossia di "conoscenza ben fondata", come solo la conoscenza della verità sa esserlo. E infatti l'architettura teoretica della speculazione matematica è tra le più solide che esista, in quanto composta da assiomi da cui discendono teoremi, teoremi da cui discendono dimostrazioni, dimostrazioni che affermano la verità del percorso argomentativo dal principio alla fine.

È difficile però pensare che ogni cosa, ognuno di quei something che Lewin aveva in mente, possa diventare oggetto di una formalizzazione matematica; qualcosa di fondamentale manca nel modo in cui la matematica rappresenta i problemi, ed è il fatto che non può tenere conto degli imprevisti, dell'incoerenza, degli umori... in un'espressione sola, della logica illogicità umana.

Se poi consideriamo le seguenti, autorevoli indicazioni di metodo sul ricercare matematico, notiamo come il processo includa, in un certo senso, fasi di cambiamento, seppur in un senso ristretto o diverso rispetto a quello inteso da Lewin. Descartes suggerisce di fare innanzitutto chiarezza su ciò di cui ci si vuole occupare (objet évident), per poi passare alla scomposizione sistematica del problema (diviser plus possible), alla rimessa insieme dei pezzi (recomposer) e infine al conteggio (énumération); il metodo cartesiano quindi, adatto al modo di procedere matematico più che a quello empirico, invita alla manipolazione mentale dei costrutti, a smontarli per vedere come son fatti dentro e poi rimontarli per rimetterli in funzione. E questo ci avvicina alla prossima variazione.



Variazione #3

If you truly want to understand something, make an experiment.
"Sperimentare", come suggerisce la parola stessa, significa in senso lato "fare un'esperienza"; in senso stretto, invece, vuol dire "fare un'esperienza a condizioni prefissate".

Il concetto centrale negli esperimenti è quello di manipolazione, che consiste in una variazione più o meno controllata che viene fatta assumere a volte forzosamente e a volte no a un fenomeno che costituisce una premessa in una teoria, per registrare come si comporta di conseguenza quell'altro fenomeno che si suppone essere influenzato dal primo.

Se ad esempio modifichiamo sperimentalmente (e quindi in un contesto in cui i valori assunti dalle caratteristiche dei fenomeni siano governati dai ricercatori stessi) il flusso di lavoro di una persona e otteniamo che questa è più felice, e se siamo sicuri che non ci sia stata alcuna altra variazione concomitante, e se questo stesso risultato viene rivisto in molte altre persone; se non modificando la premessa non si ottiene invece alcun incremento significativo di felicità: ecco che possiamo concludere che tra i due esiste un legame causale.

Come è stato possibile comprendere la natura causale della relazione esistente tra i fatti in esame se non attraverso una manipolazione sperimentale, che però altro non è che un cambiamento sistematico e controllato? Possiamo dunque concludere che "make an experiment" sia in buona sostanza una realizzazione subordinata di "try to change it", una possibilità di cambiamento.



Variazione #4

If you want to understand something, try change it.

Qui più che una sostituzione abbiamo adoperato l'eliminazione di "truly". Sembrerebbe essere un passaggio non necessario della proposizione, un abbellimento, eppure è notevole l'impoverimento espressivo globale al netto dell'avverbio: tanto da far pensare che in quel "davvero" sia contenuto un principio che non è meramente etico, ma anche in questo caso metodologico: infatti l'autenticità che sta dietro a un desiderio di comprensione non può che realizzarsi in un'azione dotata e generatrice di senso, il cambiamento, e il cambiamento non può a sua volta che generare comprensione autentica laddove lo sia la motivazione a monte.

Il senso dell'agire quindi (o, se si preferisce, il senso da cui l'agire prende avvio) genera il senso dell'azione, e questo dà spazio a sua volta al senso dell'agire; si viene pertanto a creare una circolarità che per Lewin avrà grandissima importanza.



In quali modi quindi la ricerca può costituirsi in quanto politica? Innanzitutto perché, come la politica, la ricerca è il luogo della prassi, anche quando fosse ricerca sperimentale in senso stretto, per le ragioni che abbiamo qui esposto. Perché una prassi sia possibile, però, bisogna che a monte ci sia la disponibilità a consentirla; e questo vale tanto per l'attore quanto per i gruppi coinvolti. E quest'ultima distinzione va oltre il mero piano didascalico, perché sottende anche a una parallela differenziazione nelle curvature di metodo. Se parliamo infatti dell'azione concepita da un soggetto, l'agire di Ricerca diventa politico nel senso che coinvolge il potere individuale, cioè il senso di agenticità di una persona e la capacità di questa di pensarsi capace-di: si pensi al tema del rapporto tra donne e Scienza.

Se invece pensiamo al contesto, non possiamo accontentarci di una sua definizione generica, ma c'è bisogno di concretizzarlo in strutture e culture che diano spazio a un'azione: basti pensare alla questione controversa delle cellule staminali e al loro utilizzo nei laboratori di Ricerca italiani. Parliamo nel primo caso di empowerment, nel secondo di enablementanche se si tratta di concetti che hanno senz'altro diverse affinità (per esempio è difficile generare un senso di potere interno senza aver tenuto conto delle possibilità che il contesto offre di esprimerlo, così come non avrà senso isolare il processo di creazione strutturale di possibilità di azione dall'influsso che questo avrà sulla generatività interna), in ambito applicativo sarà utile tenerli separati, proprio per reintegrarli nell'idea generale che le azioni - e quindi anche le pratiche di Ricerca - abbiano sempre un valore politico nel senso che dialogano con un potere, interno o esterno, ma comunque sempre sociale; politica nel senso che si posiziona nelle "[…] interazioni sociali tra gli uomini in quanto queste si configurano come relazioni di potere, e danno luogo a discussione o a conflitto circa il modo in cui il potere debba essere distribuito o organizzato" [Petrucciani, 2003].

Se si desidera davvero comprendere qualcosa, si provi a cambiarla: che l'intervento sia sistematico, come nel caso dell'esperimento, o per prove ed errori, come nel caso della Riduzione Fenomenologica, agire e provocare una re-azione è il solo modo per comprendere davvero la struttura di un fenomeno, il suo Sosein, come avrebbe detto Lewin. Il principio dell'azione livella le differenze in termini di fama e valore attribuito tra Ricerca Applicata e Ricerca di Base, perché si tratta in entrambi i casi di conoscenze costruite sull'intervento volto a modificare la realtà in esame.

Concludiamo con una citazione, tratta dallo scritto Principi di Psicologia Topologica, che mette in luce un ultimo fatto: che Ricerca e Politica non condividono solo gli stessi problemi, ma anche le stesse possibili soluzioni.

«Il sistema di concetti in grado di tenere insieme i differenti campi della Psicologia in maniera empirica dovrebbe senz'altro essere abbastanza ricco e flessibile da rendere giustizia alle enormi differenze tra vari eventi e gli organismi di cui si deve occupare. Dovrebbe pertanto essere orientato in due direzioni, ossia al creare e mantenere connessioni e alla concretezza. In altre parole dovrebbe essere ugualmente adattabile alla rappresentazione di leggi generali e alle caratteristiche del caso individuale».
Desidero quindi utilizzare questo spazio per segnalare, alla luce di quanto detto, un fatto che trovo interessante: tra i candidati alle Amministrative di Milano, quest'anno, c'è per la prima volta uno Psicologo Sociale, il Prof. Lorenzo Montali: un segnale molto importante, per la Politica che si ricuce a una teoria, per la Ricerca che si declina in prassi. 





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