FEDE INCROLLABILE

De-cidi.

Voce del verbo “decidere”, che deriva dal latino “de”, che significa “via da”, e “cædo”, ossia “taglio”. La parola contiene l’idea che i nostri percorsi di vita si dipanino come strade rette, e che la decisione implichi un clinamen, un’interruzione repentina del tragitto, un’abscissione; che si tagli la strada. 

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Il percorso verso la rettifica del sesso è lineare, parte dalla fase di introspezione e arriva al reinserimento sociale; può richiedere diversi anni, sicuramente almeno tre, che vanno ad aggiungersi agli anni impiegati per parlarne ai genitori, per capire quali amici sono rimasti, per attendere una relazione amorosa, per interrogarsi sul futuro… 



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I percorsi di vita cisgender non sono mai lineari. Quelli delle persone transgender lo devono diventare, se vogliono che qualcuno si occupi di loro, che qualcuno creda loro, che qualcuno dia loro retta. È uno dei prezzi da pagare per essere diversi. A noi normali rimane invece il privilegio dell’essere indecisi, insicuri, di non farci domande, di svilupparci nella complessità. 

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La legge che regola le scelte che le persone transgender risale al 1982; l’Italia fu all’epoca tra i primi Paesi a occuparsi delle persone transgender; da allora è cambiato poco, e questo rende la legge italiana obsoleta. Al solito, gli avanzamenti e le piccole innovazioni vengono affidati alla giurisprudenza.
  
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A noi specialisti, medici, giudici, psicologi, spetta l’esercizio del potere di interdizione o di licenza; a noi sta di valutare se la persona è adatta ad affrontare un percorso, se fa sul serio, se la sua fede è incrollabile. Il tutto avviene con scale validate, incontri che sondano in profondità, incontri che sondano. Garanzia di tutta la procedura è la standardizzazione, se tutto avviene in modo standardizzato allora è giusto, accettabile, altrimenti no, questa identità non s’ha da realizzare.

De-cidi.

Tagliati il pene, se non lo vuoi. Anzi, vieni qui che te lo taglio io. Recidi quel seno, elimina il problema alla radice, fatti asportare l’utero, se non ti piace; sii martire, come Sant’Agata. Il corpo che ti è stato dato parla di te univocamente; se non lo ami, se violentemente ne desideri un altro, allora sia violenza.

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Nel 1985 la Consulta si è pronunciata sulla costituzionalità della legge 164; queste le parole della pronuncia: «In definitiva, la legge n. 164 del 1982 si è voluta dare carico anche di questi “diversi”, producendo una normativa intesa a consentire l’affermazione della loro personalità e in tal modo aiutarli a superare l’isolamento, l’ostilità e l’umiliazione che troppo spesso li accompagna nella loro esistenza»; a cominciare dalle istituzioni. 

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Nell’ultima survey sulla popolazione transgender condotta negli Stati Uniti, è risultato che circa il 35% delle persone si dichiarano non binarie, ossia non si riconoscono nel discorso che riduce i generi a un’antinomia uomo-donna; la percentuale potrebbe essere maggiore, dal momento che molte persone non binarie non si riconoscono come transgender. Per le persone non binarie non esiste al momento alcun riconoscimento in termini di legge; si limitano a esistere, a esercitare le loro identità clandestine. 

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Il DdL Zan introduce una definizione che potrebbe diventare uno strumento utile, aprire a una maggiore possibilità di autodeterminazione delle persone transgender; non immediatamente, perché non regolamenta l’affermazione di genere, ma apre a una definizione contemporanea - e in linea con la letteratura scientifica - dell’identità di genere. L’impianto normativo attuale esclude e determina più di quanto non lasci spazio a inclusione e autodeterminazione. Ancora una volta, è sul corpo delle minoranze che si de-cide il futuro.

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